InfoAut
Immagine di copertina per il post

Politicità del Riot

Le trasformazioni della realtà sociale dipendono da un insieme di fattori che rendono parziale qualsiasi determinazione univoca. Per rendere conto dell’inquietudine irriducibile del mondo umano, nella geografia critica contemporanea, si fa spesso riferimento a un fenomeno di «turbolenza». Quest’ultimo, che nel lessico scientifico indica i moti disordinati e vorticosi prodotti dall’incontro di grandi masse d’aria, infatti, viene mobilitato per designare, in senso traslato, uno stato di agitazione e irrequietezza. A inaugurare questo utilizzo metaforico fu proprio Marx che, in un discorso tenuto a Londra nel 1856, descrive l’Europa appena battuta dalle rivoluzioni del 1848 come uno spazio in ebollizione in cui la solidità apparente della superficie – la «crosta secca della società europea» – viene spezzata lasciando così emergere un oceano di materia liquida pronto a diramarsi nel continente e a spezzarlo in tanti frammenti.

I fenomeni di turbolenza, dunque, descrivono uno stato ibrido di agitazione che sfugge alla logica binaria ordine/disordine e che, in modo perenne, caratterizza la vita politica e sociale. Il riot ne è espressione esemplare: spesso rimosso e forcluso dalle genealogie politiche del presente, il riot è il marchio di esistenza e di azione di una soggettività mai riassorbita nella figura del cittadino. Come fa notare lo storico Jean Nicolas in un lavoro monumentale di classificazione delle ribellioni popolari e urbane nella Francia Ancien Régime, infatti, l’«archetipo dell’affrontamento urbano» è un amalgama di corpi, di grida e di atti violenti che la sintassi politica della modernità non è in grado di decifrare. Aggregato convulso, amorfo e potente: figura speculare rispetto a quella dell’individuo cittadino. Intuizione che diviene fondamentale alla luce dei conflittuali violenti, spesso fortemente razzializzati, che accompagnano la formazione delle grandi metropoli contemporanee.

A tal proposito, riconoscendo nel riot un fenomeno sistemico della contemporaneità, l’antropologo Alain Bertho fornisce una cronologia dettagliata delle rivolte urbane che hanno interessato l’Europa e gli Stati Uniti in un arco di tempo di media estensione compreso tra il 1968 e il 2009 e, al contempo, elabora un’ipotesi di periodizzazione politica a partire dall’analisi delle motivazioni principali che, caso per caso, stanno alla base dell’esplosione insurrezionale. Tra gli anni Settanta e Ottanta il riot possiede caratteri esplicitamente politici, negli anni Novanta esso diventa una forma di reazione spontanea e massificata all’incremento della violenza poliziesca nei quartieri popolari delle grandi metropoli, alla svolta del millennio diventa impossibile individuarne un tratto dominante: a ragioni dichiaratamente politiche – come nel caso del movimento no global di Seattle e Genova – si sommano diverse dinamiche territoriali concrete che materializzano contraddizioni sociali sempre più esplosive. Il riot diventa costitutivamente eterogeneo in quanto in esso si esprime una «polifonia soggettiva della collera».

Le esplosioni di rabbia più o meno intensa, più o meno mediatizzate, che con scadenza regolare infiammano i quartieri poveri delle metropoli contemporanee a diverse latitudini e longitudini – lo stesso Bertho, a partire dal 2009 ne fornisce un monitoraggio puntuale su scala transanazionale, anche se non propriamente globale – possiedono, pur nella specificità dei casi, una sorta di «sincronicità dell’immaginario», rimandi interni, correlazioni e somiglianze che ne consentono una considerazione politica unitaria. Nella metropoli contemporanea, infatti, si apre un terreno di conflitto che sfugge alle categorie politiche più consolidate: un nuovo proletariato urbano, frammentato al suo interno, fortemente razzializzato e drasticamente pauperizzato apre uno squarcio su un «paesaggio soggettivo illegittimo».

Da questo punto di vista, il riot è sempre politico. La sua traduzione in termini di «violenza urbana» (categoria che ne decreta sia la depoliticizzazione di principio che la crimininalizzazione preventiva) risponde ad una strategia di contrasto articolata e diretta da un assemblaggio militare-poliziesco di natura mista (al contempo statale e sovrastatale, pubblico e privato) a cui fa da corollario necessario l’integrazione di un ampio e pervasivo apparato informativo. Se già Foucault, nei suoi studi sulla trasformazione delle tecniche di governo nel corso della modernità, pone con chiarezza la necessità di interrogare il rapporto tra produzione e governo del territorio, controllo della riproduzione sociale ed evoluzione della polizia, qui si tratta, tuttavia, di ripensare la questione alla luce di un riassetto economico-politico complessivo scandito dalle due fasi rock-back e del roll-out neoliberalismo.

A questo proposito risulta particolarmente importante rintracciare il nesso che sussiste tra la formazione di una politica imprenditoriale urbana come componente fondamentale della ristrutturazione capitalistica a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta, in qualche modo proprio nel punto di cerniera tra la fase destruens della “nuova logica del mondo” e la sua parte construens, e l’intensità delle scosse insurrezionali che colpiscono, se pure con specificità locali non trascurabili, lo spazio del capitalismo nordatlantico nello stesso periodo. Come osserva Loïc Wacquant a partire dall’esame comparato di tre casi paradigmatici – gli émeutes di Vaulx-en-Velin del 1990 e i riots di Bristol e Los Angeles del 1992 – i moti urbani combinano due logiche connesse tra loro, «una logica di protesta contro l’ingiustizia etnica» e una «logica di classe», e si iscrivono all’interno di un processo di ridefinizione complessiva delle geografie metropolitane.

Lontano dal costituire un retaggio pre-moderno, un residuo astorico di passioni indomite come una narrazione tossica sin troppo palesemente inquinata dal proprio inguaribile razzismo lascerebbe intendere relegando il riot nella sfera dell’irrazionalità e della barbarie con una sistematicità quasi ossessiva – come ossessivi sono sempre gli strascichi di passati mal rielaborati – al contrario, le scosse sismiche prodotte dalle mobilitazioni urbane sono parte integrante di un processo di dissoluzione del doppio legame tra capitalismo, cittadinanza e sviluppo metropolitano che ha caratterizzato una lunga fase di espansione della città, ovvero il nesso che connette cittadinanza e salario e quello, a sua volta intrecciato al primo, che articola cittadinanza e consumo.

Come suggerisce Wacquant, infatti, la «protesta infrapolitica» che si esprime nella rivolta urbana va pensata alla luce del processo di «desocializzazione del lavoro salariato» (cioè di esaurimento di un dispositivo di integrazione politica unitaria fondato, in ultima analisi, sul lavoro salariato) e interpretata alla luce di trasformazioni sociali complessive. Si tratta di intersecare diverse prospettive di analisi e, soprattutto, di evitare una sorta di scorciatoia ermeneutica che ricorre alla retorica dello shock e dell’evento. Gli episodi di insurrezione urbana, infatti, non costituiscono episodi isolati, disconnessi dai tempi e dagli spazi della quotidianità, quanto, piuttosto, una sorta di espressione intensificata e massificata delle tensioni che attraversano il corpo metropolitano. In altre parole, la violenza sprigionata dal riot è di natura sistemica. L’aspetto di maggior interesse, da questo punto di vista, concerne la soggettività che in esso si esprime: se, infatti, come è stato affermato, ogni atto di insurrezione manifesta una «reazione (socio)logica a una violenza strutturale», il suo significato politico rimane un problema aperto.

La storia politica del riot, infatti, sembra guadagnare il massimo interesse, non soltanto in ragione del fatto che, almeno a partire dagli anni Novanta, l’insurrezione urbana è divenuto un fatto ricorsivo e ampiamente spettacolarizzato su scala globale con tutto il suo corredo fenomenologico – auto in fiamme, edifici vandalizzati, volti coperti, corpi in fusione che sciamano nel reticolo urbano, vetrine in frantumi, sirene e lacrimogeni, saccheggio di merci, trasfigurazione dell’arredo urbano in barricate di fortuna, stralci di discorso appena articolato sui muri della città – ma soprattutto in quanto deposito di materiale a partire dal quale decifrare la complessità del presente. Si potrebbe forse azzardare l’ipotesi secondo cui l’insurrezione della metropoli, nelle sue forme assolutamente eterogenee, lasci venire alla luce tutto qualcosa di impensato – irrisolto e forcluso – nell’orizzonte politico e lo faccia emergere sia nei termini del limite (quindi come una sorta di critica negativa) che nei termini della possibilità (e dunque come critica positiva). Immaginario e immaginazione ad uso di quella «linea minore» del pensiero politico che fa del conflitto, anziché del contratto, la matrice generativa dei rapporti sociali e delle forme di potere.

 

Note

J. Nicolas, La rébellion française. Mouvements populaires et conscience sociale 1661-1789, Gallimard, Paris 2008 (Prima ed. 2002).

A. Bertho, Le temps des émeutes, Bayard, Paris 2009.

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Editorialidi redazioneTag correlati:

riotrivoltaurbanesimo

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Ancora Trump, non stupitevi

Ad un primo sguardo superficiale queste elezioni negli Stati Uniti sono state un replay di quelle del 2016. Trump vince nonostante le previsioni dei sondaggisti più autorevoli.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Gli Stati Uniti verso le elezioni: guerre e guerra civile

Manca poco più di una settimana alle elezioni negli Stati Uniti e nonostante i pronostici regna l’incertezza.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Piazze per la Palestina: una speranza che può esistere, un punto segnato alla controparte

Il 5 ottobre a Roma è stata una giornata importante, la conferma di una speranza che può esistere, un punto segnato sulla controparte.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Le lotte non fanno un passo indietro: nuova occupazione a Milano della rete CI SIAMO di viale Sarca

I fattiIl 19 settembre un incendio divampa nello stabile situato in via Fracastoro 8, dove vivevano 70 migranti della rete Ci siamo, già sottoposti a molteplici sgomberi senza che le istituzioni milanesi fossero in grado di trovare soluzioni abitative per le famiglie e i lavoratori/lavoratrici che da tempo si confrontavano con le difficoltà di trovare […]

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Sul dibattito verso il 5 ottobre

Fatichiamo a comprendere il dibattito che si è aperto in vista del corteo del 5 ottobre contro il genocidio in corso a Gaza.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Attenti al lupo!

Il governo Meloni, coerentemente con i suoi proclami, introduce un disegno di legge che ha lasciato carta bianca alle fantasie dei Ministri Piantedosi, Nordio e Crosetto che prevede nuovi reati e pene più pesanti per chi, come la levata di scudi conclude, “protesta”. E viene immediatamente da chiedersi, sì, ma chi protesta?

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Israele fa rotolare il masso della guerra

Il governo israeliano continua imperterrito il suo programma di escalation in Medio Oriente con un attacco che, se fosse avvenuto in qualsiasi paese occidentale, non si sarebbe esitato a definire terroristico.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Guerra in Medio Oriente: non è un se, ma un quando

Chi vuole un ampliamento del conflitto? Chi vuole trasformare la carneficina di Gaza in una guerra regionale?

Immagine di copertina per il post
Editoriali

American way of death

Pochi giorni dopo la sparatoria di Butler che ha causato una ferita all’orecchio di Trump, un morto, due feriti e uno scossone nell’andamento della campagna elettorale più folkloristica di sempre, Trump torna alla carica alla vigilia della convention repubblicana di Milwaukee che lo incoronerà ufficialmente candidato, dicendo “Non mi arrenderò mai, vi amo tutti”. Il […]

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Un sospiro di sollievo, nient’altro

Più che la vittoria dimezzata, per quanto in parte sorprendente, della sinistra in Francia ciò che c’è possiamo festeggiare è la sconfitta del Rassemblement National. Una sconfitta chiara, ed una buona notizia nel breve termine, ma che, dopo aver tirato un sospiro di sollievo, ci costringe a porci diverse domande.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Bangladesh: il riscatto di una generazione

Ripubblichiamo il contributo del Collettivo Universitario Autonomo – Torino in merito alle rivolte in Bangladesh. Un punto di vista e una riflessione sulla componente giovanile e il carattere studentesco delle mobilitazioni.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Zoo umani, esposizione di teschi, la frusta: capire la rivolta dei Kanak

In Palestina, come in Nuova Caledonia e in altri conflitti coloniali, quando i colonizzati si ribellano, i colonizzatori cancellano la storia e cercano di far dimenticare i loro crimini.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Germania, agricoltori in rivolta: occupate le autostrade, blocchi e cortei nelle città

È caos in Germania, dove è esplosa la protesta dei coltivatori contro il governo Scholz.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Belgio: la polizia spara a un uomo, 3 notti di rivolte

Oupeye è una città vicino a Liegi, in Belgio. Venerdì, un uomo di 32 anni, Domenico, è stato ucciso dalla polizia per aver opposto resistenza all’arresto mentre era a bordo di un quad. I testimoni hanno detto che era stato colpito alla nuca, cosa che è stata poi confermata.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

SPECIALE BANLIEUE | Toute la symphonie ardente

Apriamo questa nuova pagina di approfondimento rispetto alla vicina Francia, per comprendere quanto sta accadendo e per trarne alcuni spunti interessanti da convogliare nella nostra riflessione in questa fase e nel nostro agire.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Cronache marsigliesi /7: la guerra civile in Francia

La prima cosa che va rilevata è come, a differenza che nel 2005 e nel 2006, anche Marsiglia sia scesa pesantemente in campo.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Francia: terza notte di rivolta. Incendi e saccheggi in tutto il paese. 10 commissariati di polizia presi d’assalto. 667 arresti

Terza notte di scontri e di rivolta in tutta la Francia dove in diverse citta’, anche piccole, si sono verificati scontri tra manifestanti e polizia, saccheggi, espropri di negozi e grandi magazzini, oltre 500 le auto incendiate, uffici istituzionali date alle fiamme, assaltati 10 commisariati di polizia.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Francia: rivolta nella banlieue dopo l’ennesimo brutale omicidio poliziesco

Scoppia la rabbia dopo l’omicidio di un diciasettenne da parte della polizia francese.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Argentina: gli abitanti di Jujuy chiedono le dimissioni del governatore Gerardo Morales

Nonostante i proiettili, le manganellate e gli arresti il popolo resiste e annunciano altre proteste. Le proteste sono riprese nella notte di sabato per chiedere le dimissioni del governatore e l’annullazione della riforma della Costituzione della provincia di Jujuy.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Iran: quasi quattro mesi di rivolta contro il regime

La violenza del regime iraniano non riesce a fermare le proteste, che continuano ad essere estese in tutto il paese e coinvolgono 282 città e tutte le 31 province del paese.