Pontida, di lotta e di governo?!
Oltre il folclore identitario e gli eccessi tipicamente padani, l’adunata leghista di Pontida rivoluzioni sembra non ne porterà. Chi si aspettava chissà quale pozione magica o tragica dal lider maximo verde sarà rimasto deluso. Per quanto la Lega abbia anche giocato sulla sfibrante – non per noi – attesa delle parole di Bossi, riuscendo comunque a conferire attesa e aspettative, quello che dal palco è stato strombazzato non rappresenta nulla di particolarmente nuovo e/o originale. Certo è segno non solamente delle difficoltà palesi della compagine di governo, ma anche dell’evidente zoppicare di un partito come la Lega, laddove le campagne che l’hanno portata al governo si manifestano oggi forse anche obsolete. Leghisti obbligati a ventilare presunti ultimatum ma ben coscienti di non potersi permettere troppi capricci, pur esprimendo una forza di mobilitazione (e ricatto) che – nell’arco partitico nostrano – nessuno detiene. Checchè se ne dica Umberto Bossi dal ‘prato sacro’ si è ben guardato dal mettere in discussione la leadership di Berlusconi; fino alle prossime elezioni il generale resta quello di Arcore. Ipotesi confermata anche nell’ascoltare la bocciatura di ogni eventualità di nuove elezioni: ‘non ha senso, perché il momento è favorevole alla sinistra’.
L’operazione Pontida quest’anno è sembrata essere più che altro un tentativo di governance interna alla traballante maggioranza di governo (tramite il ricatto, ‘facciamo crollare tutto se non accettate quanto proponiamo’) e alla base leghista (attraverso la riproposizione dell’identità della Padania popolare, ‘la Lega è sempre la stessa, non si è compromessa con Roma’). Per quanto la Lega Nord sia stata azzoppata dall’esperienza di governo, quindi dalle ultime tornate elettorali, è forse ancora l’unica forza politica in grado di interpretare l’umore popolare della sua base, nonostante le sberle prese e le spese di consenso che gli sono costate, trascinata dall’eclissi del berlusconismo dentro una lacerante crisi.
Se stamattina ‘La Padania’ usciva in edicola con un gigantesco titolo in prima pagina, ‘E’ l’ora del coraggio’, quanto visto a Pontida sembra essere stato l’esatto contrario: tollerato lo striscione ‘Maroni presidente del Consiglio’, però il partito parla ad una sola voce, quella del capo Umberto, per quanto una manciata di minuti siano stati concessi ad un paio di sottoposti scodinzolanti. È tempo di provare a raccogliere i cocci, i nervi sono tesi, già la base – per quanto celata dall’evento sul palco – scalcia (i friuliani della sezione leghista di Vivaro hanno issato uno striscione “Gheddafi vuoi le coordinate” con a fianco una cartina dell’Italia con evidenziata la localizzazione di Arcore).
‘La Lega non è rotta, pronti a conquistare libertà’: la preoccupazione prima del discorso di Bossi è stata quella di assicurare che il giocattolo è ancora integro, non provato dal tempo e dal potere. Le punzecchiature leghiste sono state rivolte più al ministro Tremonti che al premier Berlusconi, facendo un investimento di discorso più sulla pancia (portafoglio) degli uomini e delle donne di Pontida che altro, da qui l’impeto contro tasse e Equitalia, le parole dolci per parti consistenti che compongono il suo zoccolo duro elettorale (allevatori, agricoltori, artigiani), la messa in discussione del patto di stabilità per preservare Comuni e piccole imprese, il pacifismo anti-immigrati contro la guerra in Libia, il dimezzamento del numero dei parlamentari tramite il Senato federale, infine il trasferimento di alcuni ministeri alla Villa Reale di Monza, comprovato dallo start di una raccolta firme a favore di questo trasloco…
Se Pontida ci conferma che Berlusconi e il suo governo non stanno tanto bene, nemmeno la Lega scoppia certo di salute.
Hammett Riot
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