Se si sventolano manette…
Non che ci interessi più di tanto la vicenda del processo a Berlusconi che ha portato alla sua condanna in queste ore, ma sicuramente due o tre riflessioni vanno condivise, in particolare a partire dalle miriadi di commenti scatenati che corrono sui social network e dalle pagine dei giornalicchi on-line che in stampatello trattano la questione (vedi La Repubblica) come adolescenti felici.
La prima riflessione viene da una delle peggiori manie dei sinistri di casa nostra (a volte anche quelli di movimento): la libidine forcaiola. Non si capisce come il fatto che Berlusconi sia stato condannato a 7 anni di carcere (che ovviamente non sconterà) giovi ai problemi di chi sta subendo gli effetti della crisi, ai giovani, i lavoratori e i pensionati che non riescono ad arrivare alla fine del mese. Come la condanna di Berlusconi, che di fatto non cambia per niente gli assetti di controllo e sfruttamento sul paese, possa essere utile al riscatto di chi lotta per una vita dignitosa. A noi pare unicamente l’ennesima manciata di fumo negli occhi, tanto più che il Caimano non è stato condannato per le politiche criminali fatte nel ventennio di governo, nè per la corruzione dilagante del suo entourage, ma nella migliore commedia italiana è stato condannato per prostituzione minorile e concussione.
Chi sostituisce il martelletto di un tribunale al megafono della piazza continua a guardare il dito senza accorgersi della luna. Certamente non siamo qui a difendere Berlusconi, ma crediamo che innanzitutto l’antiberlusconismo non sia mai stato uno strumento in grado di mobilitare le masse per costruire trasformazione e cambiamento dal basso, ma piuttosto sia nell’alveo di quella politica d’opinione fatta a pancia piena e propinata via cavo in dosi pari se non maggiori a quelle di Silvio. Oggi la governance tutta del paese si muove su livelli differenti e queste false barriere tra destra e sinistra istituzionale erette nel nome dell’etica (falsa e meschina) e di poco altro non servono altro che a ingannare. Il ruolo di chi vorrebbe veramente il cambiamento non è certo invocare l’intervento di un giudice, ma costruire le condizioni complessive tra la gente perchè questo avvenga.
Una nota particolare va dedicata a tutti e tutte i/le “se non ora quando?” che senza attendere un minuto si sono spesi nei peggiori commenti infischiandosene beatamente della questione di genere e svelando l’ennesima ipocrisia perbenista spoglia di qualsiasi elemento di lotta che rappresentano, mentre compagni e compagne si battono ogni giorno con coerenza su questo campo.
L’unico aspetto positivo per la nostra parte della vicenda è probabilmente la maretta che la condanna porterà all’interno del governo Letta. Ma sicuramente se questa maretta si risolverà esclusivamente con una diatriba tutta chiusa nei palazzi saranno ben pochi i giovamenti per chi è schiacciato dalla crisi, e non solo, probabilmente la presunta vittoria vaneggiata oggi da chi oggi si entusiasma potrebbe rivelarsi un boomerang rafforzando ancora Berlusconi già dato per morto e rinato molte volte. Il governo, con i suoi politici corrotti, i suoi banchieri infami e le sue politiche omicide dovrà essere tirato giù dalla piazza se si vorrà cambiare qualcosa, e non da un teatrino delle parti in cui si modificano assetti e alleanze, ma la sostanza rimane la stessa.
Chi agita le manette in aria gridando alla giustizia dimentica che quella stessa giustizia non è altro che espressione del controllo e del disciplinamento che ogni giorno attacca i movimenti. La giustizia che sta dalla nostra parte della barricata la costruiamo noi con i nostri corpi, le nostre parole e la nostra rabbia.
Jonnie Walker
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