Sulle scritte, una polemica regalata alla controparte
Le scritte sui muri non ci hanno mai  scandalizzato, sono una forma di comunicazione che tutto il mondo  utilizza. Sono uno strumento per fare comunicazione, per fare arte, per  creare legame, il problema però è che debbono rispondere sempre, per  quello che ci riguarda a due domande: a cosa servono e cosa vogliono  significare?
 La manifestazione di Torino ci da l’occasione per ragionarci su, uscendo dalla dicotomia: giusto o sbagliato.
 Ciò che  determina l’efficacia (anche di una scritta) è l’intelligenza  (o non intelligenza) di chi ne sceglie l’utilizzo e le modalità.
Un esempio classico che possiamo dare sono in val di Susa le numerose e storiche scritte che rilanciano il messaggio del movimento no tav sui pendii dei monti e sui muri delle strade che aprono l’ingresso alla valle.
Ogni anno vengono rinfrescate,  risistemate, e difese da un’intera popolazione. Dietro quelle scritte  c’è un ragionamento, c’è creatività, c’è il senso del messaggio e  dell’esecuzione
 C’è di più: chi ha scelto di usare questo strumento, le scritte, non ha  semplicemente dato libertà ai suoi individuali pruriti ma ha incarnato  il senso del comune, la condivisione delle idee e degli strumenti,  eseguendo quello che avrebbero fatto in molti
 Potremmo parlare di umiltà, fatta dal saper ascoltare, dal saper stare  insieme, dal voler potenziare percorsi collettivi e non sviluppare  solamente i propri personali. 
 Questo è un primo punto, molto semplice, ne consegue poi un secondo,  altrettanto semplice, per fare chiarezza e sgombrare il campo da tanti  piccoli e fastidiosi discorsi. L’obiettivo di questo importante  strumento di lotta è l’allargamento del consenso, il coinvolgimento  delle persone, che leggendo un messaggio possono condividere, conoscere,  scegliere, nel migliore dei casi anche mobilitarsi, essere scossi e  informati e quindi diventare, se ancora non lo sono, parte attiva di un  qualcosa che evidentemente già si sta muovendo.
L’obiettivo della scritta quindi è e  rimane il lettore, colui al quale il messaggio è indirizzato. La scritta  non è lo sfogo della rabbia individuale, dei “pensieri” di chi la  scrive, anzi, chi scrive in nome di molti come nel caso del movimento no  tav ha la responsabilità di interpretare e rispettare la volontà e il  pensiero dei molti, anzi moltissimi compagni che con lui condividono  questo percorso.
 Pertanto il messaggio deve essere semplice, chiaro e comprensibile, in  questo caso si otterrà un buon risultato, se questi umili e semplici  criteri non vengono rispettati il risultato sarà opposto.
Non solo si sarà sprecato del tempo e  delle energie ma il consenso e la forza del messaggio  ricercate nel si  tramuteranno in incomprensione e fastidio.
 Anche dove vengono fatte le scritte ha un senso importante. Le  abitazioni private o i muri della città sono luoghi dove le scritte  danneggiano solamente.
 Non ci interessa poi qui andare a interpretare il risultato mediatico  che una scritta scaturisce. Come nelle altre situazioni di lotta i media  possono trovare gioco più facile o meno nell’attaccare il movimento a  seconda degli interessi di parte che rappresentano, però come nel caso  di Torino una cosa andrebbe detta.
C’è un po’ un senso di sovradeterminazione nell’aver voluto fare una  scritta ogni due metri,con slogan che poco appartengono al movimento  notav. C’è il voler affermare la propria presenza rispetto a quella del  movimento notav, che senza un’indagine sociologica, non tollera questo  tipo azioni, anzi le detesta.
 C’è un po’ la voglia di dare lezioni ad altri, di essere più cattivi o  incazzati di altri, e questo è davvero fastidioso. La canea mediatica  che è scaturita ci fa capire, che ogni cosa fatta nel nome dei notav  deve avere un senso, il senso comune, quello che appartiene a questa  fantastica lotta.
comitato di lotta popolare – Bussoleno
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