Salvini contestato dai braccianti di San Ferdinando
Ieri Salvini si è regalato una nuova passerella, questa volta alla tendopoli di San Ferdinando, lì dove viveva Soumaila Sacko, ammazzato appena un mese fa.
Atteggiandosi da padrone in visita sulle sue piantagioni, si fa spiegare la situazione dai suoi caposquadra incaricati di far rigare dritto gli schiavi, dal rappresentante della prefettura al volontario che distribuisce i pasti.
Mentre i suoi addetti cercano di parlare con lui, il ministro dell’interno, sempre pronto a fare show, rivolgendosi alle telecamere alza la voce e sfoggia il solito discorsetto sul degrado e lo schifo del posto, per lui solo un’ulteriore conferma della necessità di chiudere i porti.
Insomma una parata come tante, ma che stavolta viene interrotta da chi la situazione la vive davvero sulla propria pelle e non ha bisogno di nessuno che parli al posto suo. “Salvini vieni qua voglio parlare con te”. Interpellato il padrone colono si rivolge ai suoi schiavi con i toni buoni e infantilizzanti, “amico mio”, “caro”, “non parlate tutti assieme”. Perchè si sa bene che i bianchi sfruttatori l’hanno sempre fatto per il bene dei loro schiavi.
Salvini prova ad attaccarli, il loro rifiuto di spostarsi nella tendopoli di stato lo irrita: alla fine è colpa loro se vogliono restare qua. Ma subito ricordano quanto uscire dalla tendopoli sia difficile, quanto trovare una casa e un lavoro altrove – magari pagato un po’ meglio – sia quasi una missione impossibile. Niente, non funziona, allora si cambia strategia. prova ad attaccarli sul lavoro “ma che lavoro fai?”: si raccolgono arance e pomodori, 1 euro a cassetta. Gli va male anche stavolta.
Il discorso sulla legalità di Salvini, di Minniti & co. va in frantumi : “Salvini hai visto come viviamo nel tuo paese, qui in Italia? Hai visto come viviamo?” “Chi ha i documenti può restare, gli altri se ne tornino a casa” risponde il Ministro. La realtà viene a galla, li il permesso di soggiorno ce lo hanno quasi tutti, la maggior parte degli abitanti della tendopoli lo ha ottenuto proprio perché funzionale a questa attività di sfruttamento. Gli schiavi nei campi sono essenziali per l’industria agroalimentare italiana e Salvini non è sicuramente disposto a rompere con questi meccanismi e togliere i servi dalle mani degli italiani.
Il ministro dell’interno non molla, continua il suo tour seguendo il percorso previsto, probabilmente quello più scenico. Gli abitanti gli indicano altri itinerari da prendere, ma non è nel copione. Poi entra in una tenda, una delle più lussuose secondo i commenti del volontario. Salvini comincia a contare i letti pronto a riattaccare con la solfa sul degrado e l’impossibilità per l’Italia di “accogliere tutti”, ma quando il suo interlocutore gli indica che non sono 8 persone a dormire in quella tenda bollente e piccola ma 15, comincia a guardarsi intorno senza dire niente. Attimo di smarrimento poi riparte come un disco rotto. La solfa del rimettere ordine, il volontario si presta al gioco, -“Ci sarà prostituzione?” -“Sì tanta prostituzione, pure qua dentro” -“Droga?”- “Anche, sì sì”.
La fine della passerella non si chiude in grande stile, sono troppi a contestarlo e infamarlo, troppi a ricordagli come vivono e quanto sono pagati, a gridargli “vergogna!”. Salvini scappa tra le urla di rabbia degli abitanti che lo cacciano, mentre la polizia incredula cerca il percorso più corto per salvare il ministro, facendogli il girotondo attorno.
Salvini è stato contestato da quelli immigrati che tanto critica.
Non c’è bisogno di altre rappresentazioni, di magliette rosse o portavoce. O di Salvini che prova a illuderci che cacciando queste persone staremo tutti meglio – e noi ci crediamo, sperando un giorno di arricchirci. La verità è quella dei video: non hanno hanno nulla di nostro, nulla da renderci. Le loro tendopoli le vediamo, forse, in fotografia. Loro ci vivono. Per chi è un problema il degrado? Per loro o per i nostri smartphone?
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