Come e perché si libera una piazza
“Una disfatta, una resa umiliante, una pagina nera. L’umore dei poliziotti del reparto mobile, arrivati la scorsa settimana a un passo dall’ammutinamento dopo il rifiuto di prestare servizio in piazza Verdi, è quello dei giorni peggiori” e poi sempre dal Corriere di Bologna: “Dietrofront. La forza dovrà essere l’extrema ratio, da usare solo in caso di atti violenti. Altrimenti ci si limiterà a identificazioni e denunce, nell’eventualità di violazioni dell’ordinanza comunale. Il pugno duro, invocato dal sindaco Merola dopo i primi scontri in zona universitaria, potrà essere sfoderato solo quando la situazione lo richiederà davvero. Insomma, non basterà una riunione in piazza con i megafoni a far muovere gli agenti in tenuta anti-sommossa. Il Comune dovrà ammorbidire la sua linea, perché la situazione non degeneri”. Si incrina così, anche con una decisa profondità, il sistema di potere cittadino ai tempi della disfatta nazionale del Partito Democratico. Tutte le autorità di Bologna avevano convenuto l’allestimento della forca caudina di Piazza Verdi. Nel loro progetto, la morsa di carabinieri e polizia che avrebbero stretto gli studenti diretti verso l’assemblea, doveva essere il simbolo politico della conquista della piazza e della neutralizzazione pubblica dei movimenti. Ma la tattica della forca caudina gli si è rovesciata contro. E a che prezzo! Dopo la sonora bastonata del referendum contro i finanziamenti alle scuole private, e la promessa non mantenuta di “colpire con metodo quelli di piazza Verdi”, il PD e il suo sindaco, tacciono, basiti, mentre scoprono che gli effetti della crisi iniziano a salir su, organizzati nei percorsi politici antagonisti, facendo tremare la terra sotto i loro piedi. Oggi nella cronaca locale parlano solo i poliziotti, tra il vittimismo e il realismo di chi è “la funzione ultima” della catena di comando (“ci hanno mandato a impedire l’assemblea in una piazza universitaria, ma come si può?”), il questore e il pm di turno che promettono denunce “ma ci vorrà del tempo, non è un’operazione facile”, e il prefetto che dice che le istituzioni hanno vinto perché non hanno usato “il bazooka”! Ma…!?
Intanto il VII reparto mobile verrà tenuto lontano a sbollire, mentre si annuncia che carabinieri e polizia non presidieranno più la zona universitaria, ma al massimo agenti in borghese semineranno qualche denuncia qua e là. Ma a chi e a che cosa? Lunedì scorso infatti a conquistarsi il diritto di prendersi la piazza a spinta, c’era una variegata composizione studentesca e precaria che con spontaneità organizzata si è resa indisponibile ad accettare il sopruso, e soprattutto ha mostrato di riconoscersi politicamente nel proprio territorio. Ha saputo compattarsi, libera dai tappi dei professionisti delle mediazioni, e ha spinto in avanti, facendo in modo che la controparte fosse talmente compatta nelle sue contraddizioni al punto di non reggerle e scappare a gambe levate. E’ questa dinamica che ci interessa considerare oggi: l’uso degli effetti della crisi economica e istituzionale da parte nostra, antagonista. La fuga della celere da Piazza Verdi di Bologna può essere un piccolo esempio di come le governance territoriali possano saltare grazie a quella capacità nel “fare autonomia”, e non rappresentazione del conflitto, che si radica con decisione e pazienza nei territori, e poi sa dare lo sviluppo politico alle spontaneità dei soggetti sociali insieme a cui lotta giorno e notte. Non devono interessarci le celebrazioni di Piazza Verdi Liberata, ma al contrario deve attirare l’attenzione quel saper stare dentro ai processi di soggettivazione, quel produrre ipotesi collettiva di lotta che in queste giornate di iniziativa è emersa come capacità determinante. L’umiliazione e il sopruso che le autorità avevano voluto imporre alla piazza di lunedì, non era un caso isolato, ed è certo che in futuro le ritenteranno. Ciò che questa volta ha funzionato, al contrario di qualche narciso “evento” di tempo fa, è che, non solo i militanti del collettivo universitario autonomo avevano riconosciuto l’ingiustizia del gesto, ma tutta la composizione sociale che attraversa piazza Verdi e via Zamboni aveva percepito come inaccettabile la forca allestita dalle istituzioni. E a questo non ci si arriva per caso, ma è un nodo di forza politica che si conquista con metodo e presenza nel territorio.
Le cariche si sono scaraventate con violenza su una massa di centinaia di precari e studenti incordonati e a mani nude, che hanno resistito senza retrocedere, e poi hanno spinto insieme al momento giusto, gridando collettivamente “assemblea!”. E non si creda che non ci siano braccia, e dita rotte, occhi pesti, zigomi fratturati, e contusioni più o meno gravi tra i manifestanti, se sui giornali non si è data la battaglia dei feriti tra celere e manifestanti. Le ossa rotte e i visi tumefatti ci sono e come, ma è stata una decisione collettiva il non far cadere nella retorica della vittima, una piccola e importante vittoria conquistata dalla piazza antagonista bolognese, coerentemente al sentimento comune dell’andare avanti ben sapendo il prezzo che si sarebbe pagato. Dopo le barricate e la resistenza della scorsa settimana era certo che questa volta la spinta intransigente avrebbe fatto il passo in avanti davanti alla provocazione, e così è stato.
Un passo avanti che sta costando caro al PD e ai poteri cittadini che all’orizzonte scorgono i primi effetti radicali della crisi economica e del sistema della rappresentanza nel territorio bolognese, politicizzati dalle capacità antagonista e da quel “fare autonomia” che accompagna e cammina insieme alle tante lotte diffuse nella città. Tra soli 3 giorni scenderanno in piazza anche i facchini per dare battaglia contro l’attacco istituzionale alle forme di lotte prodotte dai tanti scioperi nei grandi e piccoli magazzini della logistica, muscolo pulsante del modello produttivo locale e non solo. Ed è in queste giornate che emerge, per dirla in prosa, quanto il movimento antagonista a Bologna non abbia mai ceduto dal lavorare per avvicinare i propri obiettivi complessivi con determinazione e anche pazienza, ma anzi, si è considerevolmente avvicinato, ma non per una strada rettilinea, bensì con un movimento aggirante… i cui effetti hanno appena iniziato a farsi sentire.
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