Disoccupati in aumento? Che sorpresa!
A febbraio 2016 la disoccupazione torna a salire (+0,1%) e calano gli occupati (-97mila posti) a causa della riduzione dei lavoratori permanenti. Il calo trova gli uomini apparentemente più penalizzati delle donne, il tasso di disoccupazione a febbraio di quest’anno è pari all’11,7%, 7 mila persone in più rispetto al mese precedente.
La fascia più colpita è quella che va dai venticinque ai quarantanove anni, mentre le perdite maggiori coinvolgono proprio i contratti a tempo “indeterminato”: – 92 mila su appunto 97 mila.
Sempre più chiara la situazione occupazionale nell’Italia di Renzi, i dati sulla disoccupazione confermano come questo paese rimanga al palo. L’ipocrisia del Governo nelle parole del Ministro del Lavoro Poletti non potevano che confermare la sfacciataggine di chi mente sapendo di mentire: “oscillazioni congiunturali legate a una situazione economica che presenta ancora incertezze”.
Una situazione economica d’incertezza che pare destinata a non vedere la fine, utilizzata spesso come meglio si può dai Governi, dapprima per chiedere più sacrifici e all’occorrenza come dato da affiancare a previsioni di crescita che si commentano da sole. Il Ministro Poletti e il suo entourage sanno benissimo che senza sgravi fiscali non si sarebbe andati da nessuna parte, sempre che da qualche parte si stia andando.
A fronte di 1,5 milioni di contratti stipulati lo scorso anno grazie agli incentivi statali, il buco generato nelle casse dell’Inps, di conseguenza a spesa della collettività, è pari a 4,5 miliardi di euro. Altri soldi spesi inutilmente giacché sotto tutti i punti di vista non si è generato altro che un effetto boomerang.
Incentivi che non appena si sono ridotti (fino al 2015 pari a 8 mila euro l’anno per assunzione a tempo “indeterminato”, per ridursi ai 3.250 di quest’anno) hanno dimostrato come quella crescita sbandierata da Renzi non fosse nient’altro che una bolla.
“Oscillazioni congiunturali” le definisce Poletti. Oscillazioni che nella pratica vogliono dire la fame per milioni di famiglie, almeno 3 milioni e mezzo, che sommate alle persone che ormai non cercano più lavoro fanno un totale di 7 milioni di uomini e donne, giovani e meno giovani che cercano di tirare a campare. Per non parlare dell’assistenza o di quelle che sono le briciole riguardanti il sussidio di disoccupazione, ora chiamato ASPI.
Le riforme al sussidio di disoccupazione hanno di fatto ridotto la fascia degli aventi diritto, la somma erogata e la sua temporalità: il Jobs Act è stato anche questo. In tutto questo ci si mette anche l’Inps ritardando i pagamenti. All’orizzonte il Ministro del Tesoro Padoan promette alle imprese maggiori aiuti, prospettando nuovi attacchi al mondo dei diritti sempre più in via di estinzione.
Questa è la reale situazione lavorativa italiana, che poi di lavorativo ha ben poco. Ci si affanna a rappresentare l’impresentabile in un sistema sempre più avvolto su se stesso. I dati dell’Istat si commentano da soli.
Quello che si riesce a commentare un po’ meno è l’assenza di qualsiasi azione da parte di quella che in Italia pare essere defunta da tempo, ossia la presenza delle organizzazioni sindacali dette confederali. In questo vuoto pneumatico cominciano però a prodursi percorsi di lotta alternativi e conflittuali da sviluppare e approfondire. Le varie realtà di movimento che si inseriscono in questo terreno non mancano e i frutti piano piano stanno emergendo: le lotte da parte dei sindacati di base all’interno della logistica ne sono il primo reale esempio. Il primo maggio si avvicina, che sia un primo maggio di lotta!
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