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Doccia fredda per i Marò

Ieri ha avuto inizio la discussione al tribunale dell’Aja per fare rientrare il marò Salvatore Girone, ma pare che l’India non voglia farsi prendere in giro di nuovo dall’Italia.

D’altronde come non darle ragione visti i precedenti…dall’inizio della vicenda i vari governi del Bel Paese che si sono succeduti nell’affaire Marò iniziato nel 2012 hanno sempre cercato di gestire la cosa in modo del tutto truffaldino. Da quando Girone e Latorre hanno ucciso i due pescatori indiani l’Italia ha saputo dare prova di quella capacità che la contraddistingue, ossia tentare di trovare sempre una scorciatoia quando si parla delle sue forze armate o F.O. Non a caso l’ultima volta che i due fucilieri avevano potuto fare rientro in Italia, nel 2013, l’allora Governo Monti aveva palesato l’ipotesi che i due potessero non tornare più in India.

Ma l’India di oggi non è più il paese di trent’anni fa, ma è diventata una nazione con un certo peso a livello internazionale, con un’economia in crescita e un’influenza politica di un certo rilievo. Infatti, con le varie garanzie del caso, i due militari si dovettero convincere a rientrare. Veniamo poi al 2014, quando a causa di problemi di salute l’India concesse il rientro in Italia di Latorre. Un permesso che sarebbe scaduto lo scorso gennaio, ma a fronte della richiesta italiana di prolungare la permanenza per via delle sue condizioni di salute, Latorre si è visto estendere da parte del giudice indiano la possibilità di rimanere in Italia fino al 30 Aprile.

Tuttavia l’India vuole garanzie da parte dell’Italia. Infatti, le dichiarazioni di ieri del rappresentante indiano Neeru Chedhu al tribunale dell’Aja indicano molto bene lo stato delle cose: “E’ vero che la Corte speciale indiana non ha avviato il processo nei confronti dei due marò, ma non per negligenza o leggerezza da parte indiana, bensì per le azioni di ostruzionismo dell’Italia che ha avanzato ripetuti ricorsi e petizioni alla giustizia indiana. L’Italia non può ora lamentarsi delle conseguenze della propria condotta”.

Il piagnisteo dell’Italia prende forma nelle parole dell’ambasciatore Francesco Azzarello: “ Girone è costretto a vivere a migliaia di chilometri dalla sua famiglia, con due figli ancora piccoli, privato della sua libertà e dei suoi diritti. Il danno ai suoi diritti riguarda l’Italia, che subisce un pregiudizio grave e irreversibile dal protrarsi della sua detenzione, e dell’esercizio della giurisdizione su un organo dello Stato italiano”. Per tutta risposta l’India conferma che “La richiesta dell’Italia è inammissibile”, mettendo in chiaro nel documento depositato che, visti i precedenti, “C’è il rischio che Girone non ritorni in India nel caso venisse riconosciuta a Delhi la giurisdizione sul caso” e quindi “Sarebbero necessarie assicurazioni in tal senso”, che finora sono state “insufficienti”. Il rappresentante indiano afferma poi che l’ostruzionismo dell’Italia ha rallentato le operazioni: “L’Italia ha già presentato nel 2015 la stessa richiesta di misure provvisorie al Tribunale del mare di Amburgo (Itlos) che le ha respinte, e da allora nulla è cambiato nelle condizioni di Salvatore Girone. Dal punto di vista indiano, è quindi difficile individuare una circostanza che possa giustificare una nuova richiesta”.

La telenovela continuerà, tuttavia c’è da considerare che quando arriva il momento di prendersi le proprie responsabilità questi vigliacci in divisa non solo scappano come topi a bordo di una nave che affonda, ma sono anche pronti a voltarsi le spalle l’un l’altro al grido di si salvi chi può. Con tanti saluti dal Bel Paese, Latorre sfrutta il suo stato di salute per continuare a guardare dallo schermo il suo collega Girone. Quest’ultimo, dal canto suo, rimane beatamente in villeggiatura presso l’ambasciata italiana, con un paio di firme in caserma e con il pieno sostegno da parte del Governo a qualsiasi richiesta venga da lui o dalla sua famiglia.

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