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Il grande spartiacque di Bologna

Mentre scriviamo ci arriva la notizia che una prima scuola superiore di Bologna ha occupato. E’ il liceo Sabin del quartiere della Bolognina a realizzare per primo la promessa che migliaia di studenti e studentesse della città avevano fatto ieri durante il corteo promosso dal Collettivo Autonomo Studentesco: occupy the school!

E che Bologna fa sul serio ieri lo ha dimostrato dalla mattina fino alla notte. La giornata transnazionale di rabbia e indignazione contro la crisi è iniziata con gli slogan e le azioni di protesta di quella generazione che da anni si sta battendo nel segno del rifiuto della scuola neoliberista e che fin da subito ha capito che dopo la lotta contro la riforma Gelmini era venuto il tempo del grande vis a vis: studenti VS crisi. Poi è stato il turno di una allegra ma determinata processione guidata da Santa Insolvenza che ha raccolto tantissimi compagni e compagne della città in un corteo di lotta contro le banche e l’austerity e per i beni comuni. Una composizione eterogenea e diversificata per età e ragioni di protesta ha portato in piazza tanta giusta indignazione espressa dai volantini del comitato no people mover fino agli slogan contro la precarietà. Durante il corteo diverse azioni comunicative fino all’occupazione di uno spazio in pieno centro città per dare continuità alle lotte.

Subito dopo in zona universitaria partiva la Parade promossa da #occupyunibo in cui centinaia di studenti e studentesse universitari in sintonia con gli studenti medi della città hanno subito messo in chiaro che anche quest’anno sarà dedicato alla lotta più dura, non più contro l’approvazione della riforma Gelmini, ma per scovarla nella governance dell’Alma Mater e ricercare i nessi tra crisi, debito e università. Dopo pochi minuti dall’inizio della parade viene occupata la facoltà di Lettere e Filosofia e poi ancora in parade selvaggia per il centro della città sanzionando banche e comunicando l’occupazione. Durante tutto il giornio anche altre assemblee e volantinaggi che hanno reso Bologna un grande spartiacque nell’Italia della crisi. Da una parte il sistema dei partiti che nell’addio di Berlusconi è ormai prossimo a regalare il paese alla BCE, dall’altra movimenti irrapresentabili, che nel rifiuto della rappresentanza costruiscono potenza e alternativa reale, capace già ad alludere a forme di democrazia diretta nelle occupazioni e ad andare subito oltre l’antiberlusconismo orientando l’iniziativa contro la crisi. Il resto è chiacchiera da partito di LaRepubblica più o meno infiocchettata a seconda delle situazioni.

E’ questo il dato forte della giornata dell’11.11.11 bolognese: l’aver superato con un balzo l’antiberlusconismo e aver subito orientato le lotte nel territorio transnazionale della crisi. A compiere il balzo e a segnare lo spartiacque in città non poteva che essere la formazione in lotta, che tra centro cittadino e periferie, si è riappropriato e si sta riappropriando dei propri spazi e tempi dove liberare cooperazione e attivare conflitto.

Lasciandosi alle spalle Berlusconi e Gelmini, a Bologna si prefigurano giornate di sperimentazione di lotta e organizzazione nel segno dell’indignazione e della rabbia contro la crisi, un entusiasmante cantiere di con-ricerca che ha segnato nell’Italia della crisi un grande spartiacque: il 99% irrapresentabile, insolvente e antagonista bolognese ha detto chiaramente all’1% che il tempo delle chiacchiere è finito e che senza avere governi amici la lotta contro la crisi muove un nuovo passo in avanti.
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