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Marine e il Presidente con l’elmetto

La sberla elettorale è pesante. Il Front National si piazza in testa in sei regioni su tredici alle elezioni regionali di questo week-end, sorta di mid-term prima della tornata presidenziale del 2017 che lancia di fatto la volata di Marine Le Pen come candidata al posto di capo dello stato. Il FN si afferma come primo partito con quasi il 30% dei voti davanti alla destra ex-UMP (ora “I Repubblicani”) di Nicola Sarkozy e alla sinistra “socialista”. L’estrema sinistra parlamentare semplicemente non pervenuta.

Al di là delle facce sorprese e ipocritamente ostentante dagli editorialisti dei principali giornali mainstream – “come siamo arrivati a questo punto?” si chiedono quegli stessi che hanno costruito sulla paura xenofoba, in Francia come in Italia, la propria redditizia linea editoriale – si tratta di un risultato atteso e in continuità con le ultime scadenze elettorali. Un’altra tappa nella progressione lineare del FN di questi ultimi anni che si sta verificando in maniera chiara almeno dal cambiamento di vertici del partito, con l’arrivo alla testa della figlia Marine e la progressiva messa in quarantena de patriarca Jean-Marie. In questo conteso, gli attentati del 13 novembre non sembrano tanto aver rotto un argine, quanto rappresentare un elemento di ulteriore accelerazione di una traiettoria lunga di disfacimento della République.

 

Estremo centro destra. La prima vittoria di Marine Le Pen, ne parlavamo già un anno fa all’occasione del meeting frontista di Lione, non è tanto nell’aver ridotto, fino a invertirli, gli scarti relativi con gli altri partiti ma nell’essere riuscita traslare per intero il baricentro politico francese al punto che le proposte politiche dell’estrema destra in qualche mese sono diventate quelle della sinistra di governo. Basti pensare a uno dei più ridicoli cavalli di battaglia FN, quello della “decadenza” della nazionalità per i sospettati di terrorismo – potente dissuasivo per un potenziale kamikaze! – che era giudicata demagogica e inaccettabile dai socialisti fino a qualche mese fa ed è diventata ormai una brillante disposizione del governo Hollande. Modifica della costituzione, arresti domiciliari per decine di militanti politici con la scusa dello Stato di emergenza, repressione di tutte le manifestazioni: quella stessa “società civile” che avrebbe gridato all’attentato alla democrazia se tali misure fossero state attuate dall’estrema destra oggi si felicita con una sinistra che sarebbe capace finalmente di mostrare il polso fermo “davanti alla barbarie”. Questo limitandoci alle misure prese in queste ultime settimane post-attentati, ma è in generale sul piano delle politiche sociali che il mandato di Hollande è stato caratterizzato da un continuo inseguimento a destra, dalla gestione dei rifugiati alla stigmatizzazione degli “parassiti” delle classi popolari. Il Front National non si è legittimato come forza di governo grazie a una inesistente “svolta moderata”. Il Front National è ormai una forza di governo grazie a un’opera costante e sistematica di legittimazione delle sue proposte nel dibattito pubblico da parte socialista come sarkozysta. Delle proposte che sono diventate il benchmark rispetto cui gli altri partiti prendono posizione, ponendole così di fatto al centro del dibattito politico francese.

Una politica da-fumo-negli-occhi (che non di meno lascia sul suo cinico altare un numero sempre crescente di vittime sacrificali tra morti alle frontiere e sgomberi di “marginali”) tutta calcata sull’estrema destra populista e che serve soprattutto a nascondere il resto delle politiche del governo Hollande.

Da una parte una gestione economica tra le più filo-padronali della storia repubblicana che in piena crisi ha operato tagli massicci a scuola e sanità mentre regalava vagonate di soldi agli imprenditori (40 miliardi di euro solo coi fondi “per la competitività” CICE) continuando una linea europeista ad oltranza che scarica la crisi sulle fasce di reddito più basse a forza di stabilità e rigore. Dall’altra una politica estera il cui perno è una sorta di efficiente servizio clienti delle grandi industrie di armi francesi, con “interventi umanitari” su misura per mostrare i prodotti (vedi guerra in Mali) e i cui drammatici effetti si cominciano a vedere solo ora in Madrepatria (tra le popolazioni colpite invece…)

Si salvi chi può dalla barca repubblicana. Il voto di domenica, per quanto parziale, conferma la tendenza ormai evidente al darsi di un terzo polo che si presenta come “rottura” (reale o immaginaria in questa sede poco importa) rispetto a quell’establishment che si muove grosso modo all’interno delle coordinate neo-liberiste incarnate alle nostre latitudini dall’Unione europea. Un discorso che in Francia è, in qualche modo, rinforzato dagli stessi partiti “di governo” che propongono puntualmente un’alleanza “repubblicana”, a difesa dei valori “democratici”, per sbarrare la strada al Front National appoggiandosi l’un altro al secondo turno. Il caso più eclatante fu proprio quello delle elezioni presidenziali del 2002, quando i socialisti chiesero all’elettorato di sinistra di votare in massa per il Jaques Chirac al ballottaggio dopo che il candidato di sinistra si era piazzato solamente terzo poco dopo Le Pen padre.

Se, come abbiamo già sottolineato, risulta difficile capire perché le stesse misure proposte dall’FN diventino per incanto “repubblicane” quando entrano nel programma del Partito socialista, il fronte repubblicano ha come effetto collaterale quello di corroborare il discorso frontista su come destra e sinistra alla fine si equivalgono, tant’è che sono pure alleate. Delle mosse tattiche che hanno contribuito a costruire le FN come un’immaginaria forza “di rottura” e che la sinistra intende proseguire ad oltranza: domenica sera il segretario del Partito socialista Cambadélis non si è spinto fino a dare indicazioni per un’alleanza organica con il centro-destra ma ha chiesto comunque ai candidati PS arrivati terzi di ritirarsi dal secondo turno per “aiutare” il candidato sarkozysta, anche se sembra che la consegna sarà disattesa in alcune regioni. Proprio Sarkozy invece, che sa che la sua sola possibilità di non sparire politicamente tiene ormai solo alla sua capacità di distanziarsi, almeno a parole, dai socialisti rompe stavolta il fronte repubblicano rifiutando alleanze e ritiro dei candidati. Generalmente, comunque, l’atmosfera è al si salvi chi può generale dopo aver costatato che la barca della Repubblica affonda inesorabilmente e neanche gli appelli alla “responsabilità” post-attentati sembrano riuscire ad arginare la falla.

Leggendo la stampa francese è interessante notare che la critica trasversale all’FN dell’intelligentsia repubblicana di destra come di sinistra non riguardi le sue proposte xenofobe o di guerra ai poveri (ormai ampiamente sdoganate da questi stessi commentatori…), quanto il fatto proporre “visioni semplicistiche” che non sarebbero “vere soluzioni” compatibili con la realtà economica. Si continua quindi a giocare le tre scimmiette, facendo finta di non sapere che per una buona parte dell’elettorato francese quello che non è compatibile con la realtà economica di milioni di persone sono i diktat europei ai cui Le Pen dice strumentalmente di volersi opporre; facendo finta di non sapere che la politica istituzionale è ormai vista dalla stragrande maggioranza della popolazione come qualcosa di talmente sporco e indistinto che chiunque se ne distanzi anche solo a parole guadagna la fiducia di una buona parte di quelli che ancora vanno a votare. Perché intanto la metà dei francesi continuano a considerare il voto un inutile esercizio con poca o nessuna incidenza sulla possibilità di cambiare realmente le proprie condizioni di vita: l’astensione si attesta al 50% confermando la vetustà del rituale democratico per ampie fette della popolazione nonostante l’atmosfera di unione nazionale e le ingiunzioni del Primo ministro a votare come “atto di resistenza” (!).

 

Marine e i takfir. Se è vero che le elezioni locali non sono le presidenziali, gli effetti del voto saranno immediati. Hollande, si è messo l’elmetto la sera stessa degli attentati e non sembra intenzionato a toglierlo. Ormai a fine mandato, il presidente ha deciso di puntare tutto su sicurezza e tolleranza zero (qualsiasi cosa essa voglia dire…) e sembra deciso ad inseguire la destra nel tentativo di mangiare lo spazio politico di Sarkozy ricreando un bipolarismo definitivamente spostato a destra. Gli effetti si faranno sentire, e si stanno già facendo sentire, nella gestione dell’ordine pubblico e in particolare del “nemico interno”, la massa di musulmani francesi a cui si è insistentemente chiesto di prendere posizione “per la Repubblica” in queste ultime settimane. In questo senso, il Front national rappresenta l’alleato oggettivo di Daesh nella sua strategia “takfirista” che punta tutto sull’esacerbare le fratture religiose all’interno delle società europee. Uno degli obiettivi degli attentati parigini è proprio quello di suscitare una reazione anti-araba che renda invivibile la situazione dei musulmani francesi, “spingendoli” tra le braccia dello Stato islamico. Più l’islamofobia aumenta, più questa tattica azzardata aumenta le sue chances di successo. E visto il voto francese di domenica c’è poco da star sereni…

 

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