Sondare il terreno
Un aspetto importante della giornata di domenica 13 Febbraio sono sicuramente i numeri, sarò banale ma solitamente non sono avvezzo alla retorica dei numeri. C’è voglia di scendere in piazza, di farsi vedere, di mostrare la propria indignazione. Prima in autunno il mondo operaio e del lavoro; successivamente la formazione in lotta (e che lotta!); adesso tutto un altro pezzo di società guidato dall’indignazione delle donne: società civile, mondo della cultura e ancora altri pezzetti. Non siamo certo alle giornate della “collera” nord africane, però qualcosa si muove.
Lunedì Repubblica ha dato un sondaggio. Non ridete sono cosa seria. Berlusconi con questo strumento ci bastona da 15 anni. Ma prima di parlare del sondaggio, parliamo dei sondaggi.
Contrariamente a quanto si cerca di far credere e cercano di farci credere, l’ultima cosa a cui servono i sondaggi è scoprire il partito che è in vantaggio nelle indicazioni di voto. L’utilizzo reale che ne fanno i partiti, è quella di una funzione prescrittiva e non descrittiva. Cioè cercano di capire grazie ai sondaggi l’umore dell’elettorato; i temi su cui c’è maggiore attenzione; i messaggi che potrebbero far vincere una campagna elettorale.
Questa è la strategia per esempio che Berlusconi adottò nel 2001, ricavando in base alle priorità date nei sondaggi gli slogan dei suoi manifesti: tasse, sicurezza, pensioni, occupazione. Che poi un forte esercizio di polbusting trasformò “Meno tasse per tutti” in “Meno tasse per Totti” fa parte delle pratiche nate dal basso nel web e che danno vita alla fantasia popolare. Ma di questo ne parleremo un’altra volta.
Ora. Assodato a cosa servono i sondaggi, passiamo a quello di lunedì uscito su Repubblica. Andiamo naturalmente al punto che può essere interessante. La domanda era: “La via egiziana. Per fare da parte Berlusconi sarebbe favorevole ad una mobilitazione ampia e continuativa come sta succedendo in Egitto?”. All’interno dell’elettorato del centro-sinistra un 26,9% si dichiarava favorevole ad una mobilitazione ampia e continuativa.
Questo, in un paese dove le manifestazioni negli anni hanno avuto il ruolo sociale di offrire l’occasione per rincontrare vecchi amici o amiche, con un effetto sorpresa come Pasqua di Domenica. Non credo sia un elemento da sottovalutare. In questo, la frequenza delle mobilitazioni, che il mondo della formazione ha portato avanti in autunno-inverno, ha sicuramente sedimentato nuove temporalità e pratiche delle lotte.
E se aggiungiuamo il fatto che tutti hanno potuto vedere come “una mobilitazione ampia e continuativa” è riuscita ad abbattere uno dei rais più affezionati al potere come Mubarak, quel dato riusciamo a spiegarcelo meglio.
Per chiudere. Perché abbiamo parlato di un sondaggio – credo sia la prima volta su questo sito – a chi serve questo sondaggio? Se come abbiamo detto i sondaggi hanno funzione prescrittiva, allora alle direzioni di partito serve sicuramente per immaginarsi strategie che blocchino questa voglia di protagonismo (vedi Bersani che ha già aperto alla Lega). Ma a chi le piazze le anima, cosa dice? Senza ombra di dubbio dice che c’è voglia di Politica, e partecipazione. E allora, le piazze non è forse il momento di continuare a chiamarle. Come? Con quali mezzi e strategie? Sicuramente l’altra sponda del Mediterraneo qualcosa ce lo può insegnare.
Bada Nasciufo
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