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Tallinn, o del Minniti forte coi deboli e debole coi forti

In questi ultimi mesi abbiamo assistito a una insopportabile creazione della figura del Ministro dell’Interno Marco Minniti nei termini di una sorta di Apocalisse delle possibilità di movimentazione sociale.

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Un’immagine spesso ripresa purtroppo anche da chi avrebbe tutto l’interesse a de-costruire tali motivetti depoliticizzanti oltre che ingiustificati dal punto di vista fattuale.

La furia di Minniti si sarebbe espressa con virulenza contro le manifestazioni che andavano a contrastare i principali vertici internazionali, così come nei confronti di ogni tentativo di alzare la testa oltre la testimonianza nelle varie piazze del nostro paese, chiudendo ogni spazio all’espressione di conflittualità.

Alla stessa maniera, insieme al compare Orlando che ora fa tanto il sinistro, Minniti si è scagliato contro l’attuale funzionamento dei meccanismi di ottenimento di asilo e diritti dei migranti, costruendo intorno ad essi il capro espiatorio utile per strizzare l’occhio ad una società che ha sterzato a destra in termini di comportamento elettorale.

Uno scivolamento che ha le sue radici proprio nei continui spostamenti in senso reazionario della retorica del PD sulla questione, rappresentata sempre più in termini emergenziali quando i numeri parlano di sole 85.000 persone sbarcate nel 2017 sulle nostre coste. E Renzi ha il coraggio di parlare di “troppo buonismo” nei confronti dei migranti da parte del nostro paese, proponendo numeri chiusi di arrivi..

Le notizie che arrrivano dal vertice europeo dei ministri dell’Interno tenutosi ieri a Tallinn ci permettono però di avere elementi per una descrizione più complessiva della figura di Minniti, quella del docile servetto del capitale finanziario europeo che del resto è. Dopo aver starnazzato dell’ipotesi di chiudere i porti se non ci fosse stata una redistribuzione dei migranti in tutta Europa, e non soltanto nel paese d’approdo che è l’Italia, il nostro ha immediatamente fatto marcia indietro quando Macron e la Merkel gli hanno ricordato che non conta un accidente.

Facendo virare così Minniti a quella che è la sua attività principale, ovvero quella di essere forte coi deboli una volta capito di essere debole coi forti. Ed è questo lo sguardo che dobbiamo avere su un simile personaggio e sulla sua gestione dell’ordine pubblico a 360°, ragionando sui meccanismi per sfidarlo, prendendo esempio dalla determinazione dei conflitti nel mondo della logistica che hanno punteggiato questi mesi dando grattacapi non da poco alla gestione dell’ordine pubblico nel paese.

Tornando a Tallinn. L’esito del vertice dei ministri dell’Interno è infatti stato quello di spostare ulteriormente a sud i confini dell’Unione Europea, finanziando l’implementazione di nuovi meccanismi di controllo delle frontiere libiche, attaccando le ong che si ostinano a salvare gente che potrebbe affogare per colpa degli infami confini e delle infami legge della Fortezza Europa, impedendogli l’ingresso in acque libiche per evitare che partano barconi sgangherati.

Minniti, insignificante servetto, scarica la sua resa politica in sede europea sul corpo dei migranti, che ora probabilmente moriranno nell’ordine di decine di migliaia in più nello sforzo di raggiungere le nostre coste, dato che le cause delle partenze certamente non sono da ascrivere al comportamento di chi effettua salvataggi in mare ma a cause di lungo periodo come riscaldamento climatico, esito di guerre coloniali e neo-coloniali, carestie.

L’esito di Tallinn sarà semplicemente l’allargamento di quella fossa comune che è il Mediterraneo, e l’inasprimento di strutture concentrazionarie detentive come quelle già operanti in una Libia massacrata in termini di struttura sociale da vecchio e nuovo colonialismo.

L’esempio dell’accordo pagato a caro prezzo con la Turchia del boia Erdogan viene così riproposto, avallando una logica che punta a operare una vera e propria politica di sterminio funzionale allo sfruttamento nelle nostre economie dei pochi che riusciranno a farcela.

L’Unione Europea così, aldilà delle chiacchiere di Minniti and co seguite alle celebrazioni romane del 25 Marzo, continua ad accelerare il suo percorso di disfacimento, dove a trionfare è unicamente l’interesse nazionale dei singoli Stati quando questo coincide con le volontà tedesche. Ma per Minniti l’importante è essere duro col migrante o il disoccupato, coltivando la sua immagine di vendicatore quando in realtà è soltanto un burattino nelle mani dei (tanti) che sono più potenti di lui…

 

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