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Teatrini e marionette

Susanna Camusso, iscritta Confindustria, sotto-segretaria della ministra Fornero…


Potrebbe sembrare una provocazione inopportuna, certo però gli ultimi passaggi della segretaria generale non lasciano più adito a molti dubbi circa la collocazione del “più grande sindacato d’Italia”. Dopo il mancato appoggio al corteo della fiom di venerdì (e i meritati fischi all’impresentabile “bonzo” piemontese Vincenzo Scudiere – cui facevano da contraltare gli applausi per Sandro Plano, rappresentante istituzionale dei notav) Susanna Camusso ha affermato senza tanti giri di parole che la Tav si deve fare perché – ha detto – “al paese serve sviluppo”. Di quale sviluppo, con quali risorse, per quali finalità non sembra preoccuparla. Quel che importa è accodarsi velocemente dietro il carrozzone che lega il suo sindacato alle “strategie” di Confindustria e del governo tecnico. Significativo, a questo riguardo, che con tutti i limiti politici e di opzione strategica un sindacato “pesante” come la fiom (addetto cioè a rappresentare una forza-lavoro che trova sostentamento da un’industria appunto pesante) qualche problemino a questo riguardo se lo ponga da qualche anno, avendo ben presente che la produzione di autovetture senza ricerca in motori meno inquinanti e più sostenibili sarebbe comunque poco strategica, dannosa..etc ..etc.. Una Cgil che rappresenta ampiamente settori quali la formazione e il servizio pubblico dovrebbe tendenzialmente essere molto più disposta a ragionare su percosi alternativi (meramente riformisti intendiamo) di conversione, di altri modelli di sviluppo. Proporre almeno un dibattito pubblico sul tema. Invece, tutto quello che muove Susanna & co. sono solo tavoli di trattative e accordi totalmente sganciati dai processi reali oggi in corso nel paese.

Unico obiettivo che la Susanna si pone è la difesa strenua dell’art.18 come ultimo baluardo di una sinistra che non c’è più. Intendiamoci, l’articolo 18 va difeso (come, non è tanto chiaro dal momento che il sindacato che ne sta facendo bandiera non dà alcuna indicazione tendenziale aldilà delle dichiarazioni a mezzo stampa), perché è chiaro a tutti che in cambio e oltre non c’è nient’altro che una più snella ed “efficace” capacità di licenziamento delle imprese. Quello che puzza in questa battaglia di parole è appunto che sa tanto di retorica gridata ai quattro venti e nulla più. Il comportamento della Cgil sull’articolo 18 ricorda tanto, mutatis mutandis e con tutte le dovute proporzioni del caso, quello del Pci in occasione della storica battaglia dell’80 a Mirafiori. In quell’occasione il Partito Comunista del tanto rimpianto Berlinguer (certo non da noi) condusse una battaglia di pura rappresentazione in difesa di una composizione di classe battuta e sorpassata da un attacco padronale che aveva già ristrutturato a fondo i modi di funzionamento del lavoro (col beneplacito di partito e sindacato).

Senza alcuna tentazione dietrologica, il comportamento della segretaria e di tutto il suo entourage sembra tanto agitare un fazzolettino rosso mentre il nodo del contendere è già altrove, nelle altre norme che si stanno discutendo, in questa contrattazione al ribasso su un sussidio da fame (tolto a pensioni, cig e mobilità) e su licenziamenti più facili, giustificati per motivi “economici” e “disciplinari (con quali discrezionalità? si tratat in effetti di uno svuotamento effettivo del tanto proclamato art. 18), accordi.

Last but not least, l’ultimo immancabile appello …allo “sviluppo”…

Non c’è che dire, siamo proprio di fronte a una bella messinscena. Da una parte i burattinai (Fornero, Marcegaglia, Camusso e chi per loro), dall’altra i pretesi burattini che dovrebbero agitarsi su livelli di mera indignazione, stornati dall’essenzale e poi ben serviti da decisioni che vengono sempre prese altrove.

Per fortuna ogni tanto qualche burattino inizia a tagliare i fili e a muoversi con un po’ di autonomia in più.

 

Maelzel

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