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Tsipras bis: la vertigine oltre l’austerity non sarà affare della sinistra

Tsipras torna a imporsi sull’urgenza di arrestare lo sgretolamento di Syriza dopo l’accordo con i creditori e, contestualmente, sull’esigenza di adeguare una forma politica al governo del nuovo memorandum. L’uomo politico è stato abile con la prima manovra, sopprimendo di fatto la fronda di Unità Popolare e assicurandosi la propria sopravvivenza. Come l’ultra stagnante KKE, i fuoriusciti di Syriza raccoltisi attorno alla Piattaforma di sinistra di Lafazanis, hanno scelto la carta del massimalismo riducendosi all’impotenza: al di là dei desiderata, sia durante le trattative sia dopo l’accordo capestro il tema politico non è stato e non è – ancora – la rottura e l’uscita dalla UE.

Il voto di ieri in Grecia resta un voto per resistere dentro l’area Euro intesa come area del benessere. Si tratta di un consenso, nelle sue spinte soggettive, certamente critico verso le condizioni neoliberiste dell’integrazione ma per il momento incapace, nelle sua forma politica, di esercitare in maniera vincente questa critica. Ha comunque giocato la propria partita. Questo genere di consenso, non disposto a rompere con l’Euro, è in ogni caso, come già segnalammo qualche mese fa in riferimento all’OXI del referendum e contro i custodi delle giuste idee senza carne, una posizione di classe contro l’impoverimento. La prospettiva dell’uscita dall’Euro all’oggi è infatti una condanna netta all’impoverimento percepita in misura eguale, se non superiore, rispetto alle sofferenze dettate dal memorandum. Lo scoglio della rottura sta sulla stessa rotta della paura del salto nel vuoto.

Per quanto Syriza perda voti in termini assoluti e per quanto la flessione dell’affluenza alle urne sia considerevole, la riconferma di Tsipras emerge con nettezza. Syriza è certo un altro partito da quello dell’affermazione di gennaio. La ristrutturazione adegua il partito all’istanza progettuale riformista di governabilità dell’integrazione capitalistica del paese ellenico… anche a colpi di memoranda. Eppure, che una governabilità a vocazione riformista dentro l’austerity non apra di nuovo a ulteriori contraddizioni nel campo del progetto europeo non è da escludere, pur nell’impossibilità radicale del suo stesso riformismo. D’altra parte lo stesso accordo di luglio non è che una cambiale in scadenza: la non rimborsabilità strutturale del prestito riproporrà il nodo della crisi dell’assetto continentale Euro-centrato. Ma lo sviluppo, in seno ai progetti di governo della sinistra, di una critica sociale e di massa, e a tratti di un’opposizione, nei confronti dell’austerity crediamo sia un problema separato dall’inadeguatezza di Tsipras ad affrontare un secondo round con i creditori. “Manca a Tsipras un piano b”, segnalavano gli analisti in luglio. Manca ancora un piano b… per il salto nel vuoto. Ma crediamo che non sia Tsipras a dover aver il coraggio di affrontare questa vertigine. Sarà piuttosto un affare nostro

Come sviluppare una critica allargata all’austerity neoliberista? È allora questo, ci sembra, il tema di un’ipotesi delle sinistre continentali, Syriza compresa. Fermiamoci a questo, in riferimento a loro. La riconferma di Tsipras, riapre un sentiero che sembrava interrotto per Podemos in Spagna e rafforza la sfida di Corbyn al Labour Party. La sola critica all’austerity espressa da queste opzioni non è un tema delle forze di classe, non è un tema delle lotte. Non è però neanche un tema nemico delle forze di classe e delle lotte. A queste appartengono per il momento, anche per lo scarso sviluppo di forme politiche e organizzate di un conflitto di parte, le resistenze a una violenta integrazione capitalistica nell’irriducibile negazione dei livelli più bassi della sua imposizione.

Un ciclo si è chiuso quest’estate. All’indomani dell’accordo con i creditori in luglio scrivemmo che un tentativo si esauriva “sancendo l’impossibilità di una Sinistra restauratrice di un senso più equo di questa Europa e del capitalismo”. Oltre questo punto di arresto si produrranno comunque dei punti di frizione dentro le tensioni della governance continentale costretta ad affrontare, specie alla propria periferia, diverse velocità nei processi rimercificazione e finanziarizzazione di ampi ambiti sociali. Sarà a questi tornanti della crisi che l’esperienza di Syriza ancora una volta verrà ridiscussa. Lì allora il superamento dell’austerity non sarà certo più un affare di queste sinistre…

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