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Una brezza promettente

Un messaggio di autonomia dallo pseudo-bipolarismo del sistema politico. Questo il significato politico più rilevante del raggiunto quorum referendario perseguito con una autoattivizzazione tutta al di fuori dei partiti. Nel merito il messaggio è cristallino: non vogliamo l’acqua sul mercato, non vogliamo un nucleare già una volta respinto. Ampio e trasversale così come trasversale agli schieramenti partitici è il fronte opposto dei privatizzatori della vita e dei necrofili amici dell’atomo.

Dunque una brezza di cambiamento spira finalmente anche da noi a conferma del voto delle amministrative di quindici giorni fa. Leggera, si esprime per ora nell’urna. Non è la piazza degli indignados, ma ha iniziato a soffiare. E va al di là dei quesiti referendari. È una prima risposta dal profondo di un paese fiaccato al vento della crisi globale che oramai annuncia bufera anche per l’Italia, e a quanti già si preparano a rieditare per l’occasione ricette lacrime e sangue magari sotto etichette falsamente nuove.

Il voto annuncia la fine di Berluska. Il Pdl è in preda a spinte centripete di ogni tipo e soprattutto incapace oramai di cogliere la pancia del paese, nell’assoluta mancanza di idee rispetto ad una crisi da sempre negata ma oramai inaggirabile. La fine è certa anche se probabilmente non immediata: è a tempo, come coi timer, dopo un’agonia prolungata grazie agli esclusivi uffici di un’opposizione istituzionale fasulla e complice. Sarebbe stato meglio arrivarci sull’onda della piazza del quattordici dicembre, o del tredici febbraio. Comunque sia, la sfiducia di massa pervenuta dalle urne non potrà non condizionare le manovre politichesi che già si intessono per il dopo cavaliere.

La sberla va anche alla Lega col senatùr che aveva detto di non andare a votare. Alla sorpresa per non aver raccolto il voto amministrativo in fuoriuscita dal Pdl, si aggiunge così l’aver mancato per la seconda volta di seguito di cogliere gli umori sociali. Un segnale molto preoccupante per chi si ritiene vicino al “popolo” che la dice lunga sulle trasformazioni di questo partito grazie alla lunga permanenza in quel di Roma e alle frequentazioni nei salotti buoni padani. Inevitabile un rimescolamento di carte interno.

Ma l’avvertimento che viene dal voto è più generale. La gente inizia a essere stanca oltrechè preoccupata per l’incertezza crescente. L’ha capito financo la classe dirigente italica che rotta a ogni trasformismo si prepara al cambio in vista di una transizione il più possibile soft. Tremonti ha messo in riga il premier che come un cane bastonato chiedeva un po’ di soldi per rilanciare un qualche simulacro del “sogno berlusconiano”. La Confindustria “apre” alla Cgil sulla riforma fiscale e rappresentanza ma in cambio chiede tagli alla spesa e contratti aziendali.

In soccorso, manco a dirlo, tutto il centrosinistra. Bersani si è gettato all’ultimo sui referendum – col Pd favorevole alle privatizzazioni! – per sequestrarne l’esito e piegarlo a manovre di palazzo, e in prospettiva elettorali, per un prossimo governo di emergenza nazionale. C’è da dire che anche lui ha i suoi supporter: è riuscito addirittura a far passare per una sua vittoria il voto di Milano e Napoli (!) mentre il noto maestro di narrazioni balbettava rimbrottato sonoramente da Pisapippa e addirittura rilanciava sul Corsera l’alleanza coi centristi.

È probabile in questo scenario che un primo passaggio dello scenario politico a venire vedrà un qualche accordo diretto o indiretto tra Pd e Lega.

Sarebbe l’esatto contrario di ciò che questo voto ha espresso quanto a pulsioni e istanze. Ma tant’è. Siamo solo all’inizio, un buon inizio, di un percorso costituente dal basso che imparerà a guardarsi non solo dai nemici ma anche dai falsi amici. E che ha già mostrato di saper intercettare sui beni comuni una maggioranza reale che, con la crisi che avanza, imparerà a desiderare e cercare qualcosa di più che semplicemente un “paese normale”.

Per intanto, i prossimi giorni in Valsusa saranno il primo, immediato banco di prova post-referendum per una difesa dei beni comuni contro “quelli in alto”. E procurerà, già sta procurando grossi problemi non solo ai vertici di un Pd che in valle ha vestito l’elmetto ma anche ad una Lega sempre più distante dagli interessi reali dei territori.

Redazione Infoaut

13 giugno

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