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“M’amano o non m’amano”. Daisy, l’integrazione e il prezzo del prendere in parola Salvini

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Mi ricordo la foto delle campionesse italiane di atletica, nere, che girava alla fine dei Giochi del Mediterraneo. Tutti pensavano di fare un gran torto a Salvini condividendo a nastro la foto sul proprio profilo: “Alla faccia sua l’ integrazione funziona!”
Ma lui rispondeva dicendo che… “Sì infatti, sono proprio queste le nere che ci piacciono!”
Alcuni disperati poi cercavano di essere simpatici, ammiccando che se effettivamente le nere fossero state tutte così – e non delle scimmie ammaestrate, sottintendevano – ne avrebbero volute anche di più (come se le donne nere non aspettassero altro!)

Poi però, quando si torna a casa la sera a Moncalieri senza la divisa della nazionale di atletica l’ipocrisia si smaschera tutta in una volta: non tornano più i conti, non regge la menzogna.
“Una donna nera per strada cosa può essere? Una puttana!”
“Pensavano fosse una prostituta non l’avevano riconosciuta!”, perché in fondo una prostituta si può anche colpire.
Oppure, come variante in cerca di empatia “Maledetti hanno picchiato una Italiana… un vero vero simbolo di integrazione!”

Mi chiedo anche perché ora il caso che più sconvolge, quello più condiviso è che smuove l’animo impietosito è quello di Daisy e non quello…

dell’uomo arabo inseguito e pestato a morte ad Aprilia (29 luglio)
dell’uomo nero sparato dal balcone a Cassola (27 luglio)
dell’uomo straniero sparato da un poliziotto a Porta Nuova (29 luglio)
del ragazzo colpito al volto da un piombino nel Casertano (27 luglio)

Non voglio essere fraintesa. Non sto sminuendo l’aggressione alla ragazza che anzi mi fa ribollire il sangue di rabbia perché è anche una violenza su una donna.

Voglio invece dire che non è un’utile difesa quell’idea di integrazione che si conserva profonda nella nostra società. Quella che pensa che i neri e le nere devono integrarsi per farcela, per integrarsi, per non essere picchiati o sparati per strada, per essere perdonati per essere… neri e nere.

È un’idea falsa, utile a preservare il compromesso fra la società perbenista di sinistra e quella razzista di destra: quello per cui chiudiamo un occhio se si fa del razzismo su dei “neri che sbagliano”.

Quello che importa al razzismo è riconoscere le persone in base al colore della pelle, e se cammini per strada da solo o da sola e sei nero nessuno sa niente di te e un bianco ti vorrebbe uccidere lo stesso. “Qua c’è una guerra e qualcuno pensa di salvarsi” ho sentito da un ragazzo qualche mese fa, “ma alla fine quello che conta qua per i bianchi è che sei nero”.

A tutte le persone che parlano con leggerezza, o commentano troppo facilmente dallo smartphone sul fatto che i neri se ne devono andare voglio ricordare che quanto succede è il risultato anche delle loro parole a vanvera. Ma cosa pensano che Salvini li pagherà per ogni volta che dicono Odio i neri? Cosa pensano che davvero staranno meglio e troveranno lavoro? Anche il loro illusorio sollievo somministrato in pillole di razzismo finirà per nuocere. A queste persone dico allora di guardarsi le spalle perché l’odio ha un prezzo.

Invece a quelli che predicano l’addomesticazione del nero vorrei ricordare che se queste persone nere si incazzano poi l’unico modo per distinguersi da Salvini sarà stare con loro.

 

 

Marigosa

 

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