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Pioltello, una strage di classe

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Una Repubblica fondata sulla strage, lo avevamo appena scritto. Dove si può morire ancora su un treno pendolari, in un tratto segnalato da anni come ad alta pericolosità, dove mezzi antiquati circolano su rotte lasciate all’incuria.

Il ministro al Senza Vergogna Delrio riesce ad affermare che il sistema dei trasporti italiano è uno dei più sicuri al mondo, incapace di fare lo sforzo mnemonico che lo potrebbe condurre ad Andria, o a Viareggio, solo per citare due esempi di una strage infinita che non sembra volersi interrompere.

Anche ieri a Pioltello, tra Brescia e Milano, sempre solita storia. Il divario di classe, la cittadinanza fondata sull’esclusione, prendono la forma di sottoinvestimenti nelle tratte battute dalla “gente” a cui tutti si rivolgono. Quella che quando muore è un semplice “inconveniente tecnico”, come dice Trenord.

E no, non c’è errore umano che tenga, se mentre miliardi di euro si spendono per progetti inutili di nuove ferrovie o di nuovi gasdotti, la gente muore mentre va a farsi sfruttare, perchè cedono i binari. La strage di Pioltello è una strage di classe.

Il fenomeno della “fatica” strutturale è noto da secoli, e anche il battage mediatico a cui stiamo assistendo, per il quale la sostituzione del binario era di lì per essere effettuata, non può anestetizzare la rabbia per un paese nel quale di manutenzione e messa in sicurezza si parla sempre e solo dopo le tragedie.

E’ il momento del cordoglio dice Delrio, dello stare vicini alle famiglie. Parole di plastica, buone solo a togliere l’attenzione da quello che succede nel paese reale, quello in cui crollano i tetti delle scuole o dove si muore negli ospedali.

O sui treni, in una concezione del trasporto orientata al business, dove sia lo Stato che il privato hanno l’unico obiettivo di massimizzare i profitti rivolgendosi agli utenti più ricchi a scapito di chi per raggiungere luogo di lavoro o università non ha altre alternative a un economico regionale.

I numeri ci parlano chiaro: l’Italia ha in programma tra il 2014 e il 2020 di investire 1,8 miliardi di euro nelle tratte ad alta velocità o considerate di interesse strategico. All’interno di queste non ci sono le rotte battute dai pendolari, circa 3 milioni di persone al giorno, che pagano sempre più soldi per circolare su treni vecchi anche due decenni.

Intanto la campagna elettorale va avanti, fra qualche ora della tragedia e delle cause non si parlerà più. Nell’era della dittatura delle timeline, non c’è tempo per riflettere sulle cause profonde di un evento. C’è sempre bisogno di una ventata di novità per tenere alta l’attenzione, dato che una notizia invecchia subito al di là della sua rilevanza.

Il gioco deve andare avanti, senza che si dia la possibilità di valutare il peso delle notizie, di saperle interpretare e approfondire, di tradurre l’indignazione in attivazione. La tragedia di Pioltello ci parla anche della necessità di riappropriarsi del tempo di analisi, di smettere di essere travolti da un flusso incontrollabile che rende impotenti spettatori dell’ennesima tragedia.

 

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