Sono i media i principali alleati di Salvini?
I rom da censire. I migranti da respingere. L’utilità dei vaccini da mettere in dubbio. I clandestini per cui è finita la pacchia. L’Unione Europea. Le ONG pagate da Soros. Mario Balotelli. Saviano. I vicescafisti dei salvataggi umanitari. I centri sociali. La tattica di comunicazione politica di Salvini si può riassumere nella costruzione quotidiana di un nemico contro cui scagliarsi. Ma il vero nodo è capire come riesca a diffondersi in maniera tanto capillare.
E’ una innovazione nel rapporto tra politica e comunicazione. Salvini sembra aver capito più degli altri, e meglio anche dei grillini che su questo terreno sembravano all’avanguardia, la natura estemporanea e volatile della comunicazione politica contemporanea, nonchè il modo di relazionarcisi. Salvini si adopera continuamente nella produzione di “novità”, di notiziabilità, dettando con le sue uscite contro il nemico di turno l’agenda ai quotidiani e soprattutto ai media online, cercando di dominare la scena politica attraverso una sorta di ubiquità.
Salvini agisce in un modo decisamente lineare. Tendenzialmente la spara grossa, similmente a come fa ad esempio Trump negli States, vede “l’effetto che fa” e poi una volta che gli animi si sono imbizzarriti, che si è scatenata la polemica, tiene il punto mostrandosi decisionista e implacabile, quello che “tira dritto”, rinforzando ulteriormente la sua immagine da uomo forte al comando. In questo modo, impedisce che si costruisca un vero ragionamento sui temi che pone, dato che con una nuova sparata immediatamente l’attenzione viene spostata su un altro tema, e così via all’infinito.
La centralità della comunicazione nella politica contemporanea viene quindi agita ad un livello ancora più spinto rispetto al passato. Non c’è alcuna comunicazione che non sia orientata alla ricerca di un consenso immediato e di pancia, e la stessa idea di governo è ormai inscindibile da quella di campagna elettorale, divenuta permanente.
E’ una lettura che fa sua anche una analisi intelligente delle nuove relazioni tra economia e media. I social network hanno portato con la loro affermazione anche un declino nei profitti della stampa. Si è affermata così la logica del click-baiting nell’economia politica della stampa contemporanea, ovvero la costante esigenza da parte degli editori di pubblicare nelle proprie testate articoli capaci di attirare visite a ripetizione. E quindi di attrarre gli investimenti degli inserzionisti pubblicitari, divenuti sempre più decisivi per assicurare la tenuta economica di una testata.
Questo sistema ha permesso a Salvini di trasformare la stampa nel suo megafono. Le sue frasi sono pensate, ancora più di prima, al fine di essere riprese dai giornali. Salvini ogni volta che rilascia una dichiarazione vi inserisce una frase roboante, che permette alla stampa di attirare click semplicemente riproducendola nel titolo. L’effetto-ripetizione su migliaia e migliaia di pagine e gruppi Facebook permettono a Salvini di diffondersi in Rete ad una profondità che nessuna campagna online potrebbe permettere, e senza dover essere lui a impegnarsi nello sforzo.
Ciò ha creato una modificazione anche nelle tribune televisive: dalla regola più o meno obbligatoria del contraddittorio si è passati ad ospitate personali dei politici, a monologhi de facto (pensiamo ad esempio al ruolo di trasmissioni come PomeriggioCinque della D’Urso) costruiti per poter agilmente estrapolare uno o più spezzoni video “significativi” da mettere sui social.
La cosa ironica è che nel frattempo lo stesso Salvini si scaglia contro il sistema dei media tradizionali descrivendolo “tutto contro di lui”. Va sottolineato che anche se ciò fosse vero – e non è vero, dato che negli ultimi anni Salvini è stato perennemente in tv – non sarebbe comunque importante per Salvini, dato che l’esercito di commentatori Facebook assoldato dalla Lega tra i suoi militanti crea l’impressione che “la gente” nel suo complesso sia contro una dichiarazione di Saviano o un racconto “buonista” delle traversate nel Mediterraneo.
La tattica di Salvini è la stessa utilizzata ad esempio da Trump nella sua campagna elettorale vincente del 2016. Prendendo le parole di Giovanni De Mauro su Internazionale numero 1261, che riprende a sua volta alcuni studi del linguista statunitense Lakoff, ci sono differenti tipi di tweet usati da Trump. Essi “..non sono mai casuali. Ci sono quelli che appartengono alla categoria del “framing preventivo”, che servono a dare un’interpretazione dei fatti prima che lo facciano altri. Ci sono i “diversivi”, per distogliere l’attenzione da questioni delicate. C’è il “cambio di direzione”, quando la responsabilità viene spostata sugli altri. E c’è il “ballon d’essai”, per vedere come le persone reagiscono a un’idea.”
Insomma, una tattica comunicativa che ha come unico obiettivo quello di saltare il ruolo dei media come elemento di verifica per rivolgersi direttamente al pubblico, attraverso però gli stessi media, ridotti a portatori d’acqua. E proprio il fatto che Salvini abbia trainato il Partito e non il contrario è simbolo di come la nuova economia politica mediatica sia, en-passant, fattore decisivo nella personalizzazione della politica, dell’ascesa di partiti personali e della ridefinizione in senso “populista” del sistema dei partiti.
Siamo in un sistema mediatico ibrido, cross-mediale, dove l’analogico e il digitale si compenetrano costantemente. Analizzare la figura di Salvini rende bene conto di come sono cambiate le cose, di come con tecniche neanche troppo raffinate si può sfruttare questo sistema ibrido. Come sottolineato anche da Leonardo Bianchi, Salvini viene da Radio Padania, è abituato dunque a pensare alla comunicazione. Luca Morisi, il suo Casaleggio, è stata la figura fondamentale, il social-megafono di Salvini, l’uomo che ha costruito parte del suo successo.
Morisi nel 2012 vede Salvini in tv e decide di costruirgli intorno un personaggio social, puntando su Facebook, ritenuto più popolare rispetto a Twitter. Morisi si muove su tre piani: pompaggio costante del personaggio Salvini sulla sua pagina personale, con commento alle news della giornata, spesso in tempo reale, e spamming degli highlights delle presenze televisive del ministro dell’Interno.
Non è solo “noiosa politica”. Salvini posta foto in cui guarda Amici, in cui commenta le notizie calcistiche, in cui condivide i suoi giri turistici, in cui si pone, e pone ai suoi followers, quelle domande un po’ buongiorniste sul senso della vita per sembrare “vicino al popolo”. Uno degli errori di Renzi è stato infatti per Morisi quello di scavare troppa distanza tra il Renzi rottamatore e il Renzi capo di governo, divenuto via via lontano dalla gente e per questo crollato rapidamente dalle stelle alle stalle.
Quella di Salvini non è una strategia ingenua nè casuale. L’utilizzo della Rete è la base di ciò che Morisi chiama circuito tv-rete-territorio, e funziona bene o male cosi: Salvini fa una passerella in tv, questa viene ripresa su tutte le piattaforme social nei suoi spezzoni più “esaltanti” i suoi seguaci, e in seguito viene lanciato un comizio in cui “Il Capitano” raggiungerà questo o quel luogo, invitando tutti a partecipare. E funziona: ad esempio, secondo un monitoraggio svolto da Mediamonitor.it su oltre 1500 fonti di informazione nel periodo decisivo per le trattive sulla formazione del governo, dal 14 maggio al 28 maggio Salvini ha raccolto sui mezzi di informazione 9140 citazioni, il 32% in più di quelle di Mattarella.
Che si inverta la rotta è difficile. I motivi sono molteplici, e principalmente attengono al sistema dei media, che difatto sono subalterni alle provocazioni di Salvini al fine di riprodurre dinamiche di click-baiting, evitando di contestualizzarle e continuando ad essere megafoni del Ministro dell’Interno.
L’attuale tipo di relazione economia-media rende difficile pensare che un’inversione di rotta accada, dato che gli editori non rinunceranno mai ai profitti che Salvini nei fatti gli regala. In fin dei conti, era successo allo stesso modo con Berlusconi, il quale era diventato il principale sponsor di Repubblica che sembrava fosse la Pravda. Con la differenza però che il Cavaliere non aveva nei social un megafono di tale grandezza, nè un sistema dei media tradizionali profondamente in crisi come quello odierno per cui tristemente Salvini è, in realtà, una vera e propria manna dal cielo.
In realtà, il sistema comunicativo di Salvini è banale e per niente complesso da analizzare e smontare; ma è efficace perchè è il sistema mediatico italiano stesso che è cialtrone e unicamente orientato al profitto. Una nota a margine: ricordate l’odioso adagio del “se fate gli scontri contro Salvini gli date solo visibilità”? Sembra che in realtà siano proprio i pennivendoli della difesa della stabilità e della pace sociale a tutti i costi a non aver compreso il loro ruolo di utili idioti.
Le discese in piazza degli ultimi anni sono state invece molto utili per far irrompere nel giochetto mediatico di Salvini, già in gestazione, l’esistenza dell’unica opposizione concreta di cui abbiamo bisogno in Italia: quella sociale e di piazza. Ed è proprio a chi sta in basso, alla contrapposizione sociale che si organizza nei territori, che tocca tornare a sperimentare forme di assalto mediatico, riappropriandosi di strumenti e abilità capaci di porsi faccia e faccia anche su questo piano.
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