Attacco alla democrazia
Prima di tutto, a vedersi scorrere davanti l’ennesima rissa farlocca tra parlamentari, la prima cosa di cui viene voglia è, almeno, una rissa vera. Cosa sono quei buffetti, quelle carezze, quelle cravatte che svolazzano, quelle signore e quei signori che si puntano il dito sul naso e poi dicono: “Che fai, mi tocchi”?
Ma lasciamo perdere.
In queste ore possiamo ammirare la compattezza (quella sì, marziale) con cui i mezzi d’informazione e i partiti politici si rincorrono nello sport preferito di queste ore, la caccia/lapidazione del “Grillino”. Colpevoli di aver interrotto la seduta della camera prima, e della commissione affari costituzionali poi, infine responsabili di aver formalmente ipotizzato un prolungato attentato alla costituzione da parte del capo dello stato (e averne quindi chiesto la messa in stato d’accusa), i parlamentari M5S sono sotto il fuoco di fila: “antidemocratici” (Sel), “fascisti” (Pd), “squadristi” (Forza Italia), “utili idioti” (Fratelli d’Italia), “irrispettosi” (Lega Nord). Per non parlare delle voci di scandalo che si sono levate dai quotidiani Corriere, Repubblica, Stampa, Messaggero, Unità, Manifesto, Secolo d’Italia, e persino un po’ dal Fatto Quotidiano. Rodotà, ex candidato al colle del movimento, lo condanna senza appello e solidarizza con Napolitano. Violante parla di clima “microinsurrezionale”, lui che se ne intende, Renzi di “cose da codice penale”, la Boldrini promette sanzioni, mentre qualcuno propone di accusare il M5S di “attentato contro organi costituzionali dello stato”.
Di fronte a tutto questo spettacolo inutile vorremmo dire tre cose. La prima: a nessuno importa niente degli organi costituzionali, del parlamento, delle risse tra deputati, dei “questori” di Montecitorio minacciati e dei 5stelle schiaffeggiati. Sia chiaro, non scambiamo i nostri auspici (da sempre volti alla delegittimazione complessiva dell’apparato istituzionale) per una “pancia” del paese ipotetica e frutto delle nostre idealizzazioni: è proprio così. La parte più calma della popolazione, quella che è stata educata a certi “valori” e ha ancora i nervi abbastanza saldi per crederci o ricordarli, è del tutto indifferente a ciò che sta accadendo nei palazzi romani, anzi pensa ad altro ma con una certa qual punta di insofferenza. L’altra parte, quella che non ha più un controllo totale sul proprio sistema nervoso (per ragioni socialmente variegate: disoccupati, cassintegrati, esodati, licenziati/licenziandi di fabbrica, iperprecari, commercianti falliti/in via di bancarotta), di fronte alle reazioni perbeniste dell’“arco democratico” si incazza sempre di più. L’idea che circola per le strade è di farlo saltare in aria il parlamento, figuriamo se ci si impressiona per due schiaffi. Ciò che addolora le persone, semmai, è la certezza che non ci scapperà il morto.
Secondo: dal punto di vista istituzionale e formale, i 5stelle hanno ragioni da vendere. Il vittimismo dell’arco Sel-Pd-Lega-Ncd-SceltaCivica-Casini-ForzaItalia-Fratellid’Italia (speriamo di non aver dimenticato nessuno) somiglia a quello del lupo contro l’agnello. Anzitutto, la legge promulgata ieri su Imu e Bankitalia è l’ennesimo abominio del potere: dopo aver bombardato la popolazione per un anno con il discorso sull’Imu, al punto che oggi chi ha una casa paga di più ma è contento basta che la smettano con l’infinita tarantella e la presa in giro dei nuovi nomi per le stesse tasse, il decreto che permette almeno di non pagare anche la vecchia tassa viene accorpato dal governo furbetto con una legge che svende alle banche private quote enormi di finanza pubblica, accelerando ancora la trasformazione della società (in atto da decenni) in una giungla spolpata e setacciata dai predatori della grande finanza.
Ora, il processo di ridefinizione autoritaria dello stato proprio di questa epoca passa proprio attraverso il ricorso continuo a questo genere di giochi di prestigio: ricordate il decreto “contro il femminicidio” che conteneva anche norme draconiane contro chi osa avvicinarsi (anche soltanto camminando con le mani in tasca) al cantiere Tav di Chiomonte? I tg si limitarono a dire: “I 5stelle votano contro la legge sul femminicidio”, senza spiegare il trucco di Letta&C. e dando in pasto all’opinione pubblica il fatto nudo e crudo che i 5stelle volevano, in soldoni, che le donne venissero ammazzate. Adesso avrebbero dovuto stare zitti zitti e buoni buoni e assumersi la responsabilità o di imporre una tassa esosa a tutti gli italiani senza alcun motivo, o di votare una manovra finanziaria abnorme cui sono radicalmente, e giustamente, contrari; e l’“antidemocratico” non sarebbe chi inventa questi trucchetti (Letta) e chi li esegue senza batter ciglio (Boldrini), ma chi cerca di smascherarli. Lo stesso vale per la legge elettorale: Pd e Forza Italia si accordano per una legge a loro immagine e somiglianza, che renderà il ricorso alle urne poco più di una ridicola scampagnata domenicale (come già in gran parte è) per la stragrande maggioranza degli elettori, visto che il 37% dei votanti, che (esclusi i non aventi diritto e gli astenuti) è circa il 18% della popolazione, deciderà per cinque anni la vita di tutti con una posticcia maggioranza assoluta.
Potrebbero, i 5S, che parlano di democrazia diretta in rete e sono l’unica forza elettorale che tutte le altre hanno interesse a distruggere, farsi menare per il naso e stare anche zitti? E potrebbero non attaccare (a loro modo, cioè basandosi sulle leggi e sulla costituzione) il capo dello stato che dal 2011 (cioè da quando si autoproclamò dittatore in pectore dichiarando guerra alla Libia senza l’avallo del governo e del parlamento, ma in seguito a una semplice riunione del consiglio supremo di difesa) governa l’Italia come un monarca in barba alle regole della repubblica in nome delle quali i comuni mortali vengono invitati a votare, a sottomettersi alle istituzioni e non di rado, se smettono di credere a tutte queste fandonie, a varcare la soglia del carcere? Secondo la logica legalitaria dei 5S è del tutto coerente chiedere la sua messa in stato d’accusa per una serie di episodi che effettivamente denunciano ciò che tutti i confindustriali e gli accademici ripetono da anni, e cioè che con Napolitano si è passati alla repubblica presidenziale de facto e questa situazione va regolata (ciò che i 5S non vogliono) de jure (attraverso le famose “riforme costituzionali” su cui proprio Napolitano insiste da tempo).
Tutto questo, sia chiaro, per ciò che concerne la forma, ma serve pur sempre a capire. Le presunte intemperanze dei 5stelle sono il minimo che un gruppo d’opposizione parlamentare dovrebbe fare nel momento in cui è oggetto di una demonizzazione continua di Tv e carta stampata e dell’esclusione scientifica dalla discussione parlamentare con trovate burocratiche, richiami all’ordine durante gli interventi in aula (impagabili le continue interruzioni della Boldrini), tagliolette e ghigliottine per impedire gli emendamenti. Insomma davvero il boato di indignazione presunta è, se non altro, ancora una volta un modo per non far capire un’acca di quel che succede, ammesso (e purtroppo concesso) che qualcuno sia ancora così ingenuo da dare un credito ai meccanismi di dissenso propri della delega parlamentare.
Da ciò, per riprendere il nostro avvio sulle risse vere e su quelle presunte, si pone il problema, ben diverso, della sostanza: ovvero del conflitto politico, perché anch’esso può essere reale o fasullo. Ai partiti senz’altro bruciano i nove milioni di voti del M5S lo scorso febbraio, ma il vero obiettivo di tutta questa canea non sono loro, siamo noi: non intesi come questa o quella tendenza politica in seno alla società (tanto meno chi, come noi, mai voterebbe i 5S, e mai voterebbe in generale), bensì come corpo sociale enorme e variegato di persone che hanno tutto l’interesse non soltanto a cacciare i partiti dal potere, ma anche ad attentare effettivamente all’impianto generale del sistema politico (gli “organi costituzionali”) salvo non averne i mezzi. Ciò che infastidisce è che l’azione mediatica del M5S soffi sul fuoco di una rappresentazione timida eppure pericolosa dell’agone politico che molti italiani hanno o cominciano a prendere in considerazione: nelle ridicole “bagarre” del parlamento il Pd e Berlusconi vedono una inquietante trasfigurazione del desiderio di rivolta che cova nel paese senza esprimersi, che quei comportamenti potrebbero istigare o, come dicono i politici, “legittimare” (come se la rabbia popolare, quasi fosse un’istituzione dello stato, avesse bisogno di “legittimazioni” da parte di chicchessia).
Può sembrare ridicolo; ma la psicologia di un popolo moderno – vale a dire un popolo di telespettatori, molto più che di elettori o internauti – può, in effetti, essere un po’ “ridicola”, se così ci vogliamo esprimere, e non per questo meno pericolosa per chi governa in tempi di crisi. In altre parole, l’odio per il parlamento c’è davvero nelle nostre città, e cresce; ma chiunque abbia a cuore sé stesso e il suo prossimo non deve temere per gli organi costituzionali e la “democrazia” sotto attacco, deve invece cospirare quotidianamente affinché quell’attacco smetta di essere inscenato nel teatrino di Montecitorio e dilaghi in tutto il paese. I parlamentari M5S non fanno altro che ciò che è proprio di tutti i soggetti interessati a guadagnare potere: tirano acqua al loro mulino, gridando al pane che qualcuno toglie a noi, ben attenti a restare nel campo di inquadratura delle telecamere. E noi, che facciamo? Vorremmo che molti di coloro che guardano con indifferenza e distacco la lapidazione mediatica del “parlamentare grillino” cominciassero a chiederselo sul serio.
Velvet Secret
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