Iniziano ad avere (un po’ di) paura
Sabato sera, dopo la rielezione del capo dello Stato, in migliaia si sono diretti verso Montecitorio per protestare contro la rielezione di Napolitano per esprimere quel malcontento che la politica italiana, nella sua particolare anomalia, sta generando nei tempi dell’ingovernabilità peculiare.
E proprio mentre un folto gruppo di persone si stava dirigendo verso la piazza, qualcuno ha scorto tra i tavoli di un ristorante romano, la faccia di Dario Franceschini che in compagnia di Alessandro Bratti si accingeva a mangiare. Certo è che non potevano passare inosservati, né i manifestanti reprimere quel senso di rabbia e indignazione nei confronti di due politicanti che si trovavano a tavolino, la sera stessa della rielezione del presidente, a bere e a mangiare compiacendosi per il risultato che le innumerevoli fallimentari votazioni avevano dato.
Una rabbia quella dei manifestanti che si esprimeva con una serie di cori di contestazione diretti a Franceschini, che se dapprima ha cercato di smorzare l’imbarazzo incontenibile, ha successivamente tentato un dialogo con le persone che erano fuori dal ristorante e che al grido di “buffone” e “venduto” facevano passare in modo chiaro il messaggio nei confronti non solo del politicante che si è trovato nel luogo sbagliato al momento sbagliato, ma di tutta una casta politica che in quel momento l’esponente del Pd rappresentava. Una casta politica che certo è da identificarsi nel suo spettro più ampio.
Da contorno vi sono anche i messaggi che Franceschini, in forma puramente vittimista, ha mandato su twitter, urlando all’aggressione da parte di seguaci grillini. Il botta e risposta non si è tardato a sentire. Questi ultimi si sono quindi affrettati a dire che non si trattava di simpatizzanti del M5S, continuando nell’atteggiamento di chi ha tirato il sasso e ora vuole nascondere la mano.
L’atteggiamento del M5S forse non dovrebbe dare adito a stupore, ma una cosa è certa, la contestazione a Franceschini è uno dei tanti sintomi di riluttanza nei confronti della casta. Eppure, a conferma di ciò, non dovrebbe essere l’eccezionalità bensì la prassi abituale. Un auspicio nell’eventualità di un futuro prossimo mentre si aggira la percezione di un pericolo che sembra diventare sempre più reale e probabilmente non così lontano.
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