Israele fa rotolare il masso della guerra
Il governo israeliano continua imperterrito il suo programma di escalation in Medio Oriente con un attacco che, se fosse avvenuto in qualsiasi paese occidentale, non si sarebbe esitato a definire terroristico.
L’esplosione coordinata di migliaia di cercapersone in Libano ha provocato 18 morti e circa 4000 feriti, tra cui 400 in gravi condizioni. L’attacco è avvenuto in concomitanza con l’anniversario del massacro di Sabra e Shatila: la strage compiuta dalle Falangi Libanesi con la complicità di Israele nei campi profughi palestinesi alla periferia ovest di Beirut, in Libano, tra il 16 ed il 18 settembre 1982. Una scelta altamente simbolica che coincide, secondo quanto riportano fonti israeliane, con la definitiva decisione del governo di portare la guerra sul confine settentrionale per “creare una zona cuscinetto”.
Nonostante le proteste nelle piazze delle scorse settimane e i dissidi interni al governo e tra governo ed esercito sembra che Netanyahu sia riuscito per l’ennesima volta a ricompattare il quadro politico-militare all’insegna di un allargamento dello scontro. L’attacco indiscriminato di ieri potrebbe avere diverse ragioni: sul piano esterno creare confusione e panico nelle linee di Hezbollah indebolendone la capacità di comunicazione e più in generale terrorizzare la popolazione libanese, che ha assistito a ferimenti, morti e mutilazioni in luoghi pubblici. Sul piano interno lo scopo potrebbe essere quello di dimostrare che la capacità di Israele di mettere in campo operazioni altamente tecnologiche e la sua superiorità militare sono intatte e che dunque un’eventuale invasione del Libano ed uno scontro con Hezbollah non solo è possibile, ma auspicabile.
La dinamica dell’escalation è chiara: Israele è passato dagli omicidi mirati, che hanno visto delle risposte tutto sommato misurate da parte di Hezbollah, all’attacco indiscriminato a miliziani e civili. Queste esplosioni coordinate rappresentano un nuovo capitolo dell’applicazione delle tecnologie alla guerra coloniale: dopo l’intelligenza artificiale utilizzata nei bombardamenti di Gaza, queste esplosioni coordinate rappresentano un nuovo ed inedito salto (almeno come scala) del cyber warfare. Israele continua a sperimentare le sue innovazioni in ambito militare su combattenti e civili giustificando queste atrocità con una logica suprematista secondo cui chiunque sia palestinese o chiunque sostenga la lotta di questo popolo è colpevole. Verrebbe da domandarsi se chi si scaglia contro il boicottaggio accademico della ricerca militare in collaborazione con Israele senta almeno un po’ prudere la propria coscienza di fronte a queste morti.
Secondo quanto riportato da alcune fonti i cercapersone esplosi sarebbero prodotti da Bac Consulting Kft, partner ungherese dell’azienda taiwanese Gold Apollo. Un risvolto non secondario di questa vicenda che pone domande su eventuali complicità con l’intelligence israeliana in Ungheria. Tra Orban, Trump e Netanyahu d’altronde scorre buon sangue, tanto che gli israeliani considerano il primo un possibile ponte per il riavvicinamento con l’UE.
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