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La Grecia, l’austerità, le domande da farsi

Al di là delle specifiche interpretazioni, “ad Atene” o “su Atene” è in atto un approfondimento delle tensioni e della scomposizione delle forme di potere, che ormai da parecchio tempo non sono più in grado di proporre stabili relazioni di governance all’intero della provincia europea, rimaterializzando lo spettro di un Politico che sempre più si polarizza nelle sue condizioni “estreme” di amicizia e inimicizia.

Rispetto ad Atene, per chi ad essa guarda, prova empatia, vede “lì” in atto un passaggio, la giornata di ieri ha forse contribuito a “riportare i piedi sul terreno”. Le riunioni di Syriza, la “Coalizione della Sinistra Radicale”, si dividono, si spaccano e  pare sgretolarsi il progetto, schiacciato dal peso della violenza che si è riversata sul paese, e da un limite “di forma”.

Il ministro delle finanze Tsakalotos dichiara “Non avevamo scelta” durante la seduta del parlamento chiamato a votare la nuova tranche di austerità. Al contrario di quanto qualcuno pensava poco tempo fa, lungi dall’essere terminata, l’austerity rimane orizzonte strategico per un pezzo egemone del capitalista collettivo in questo quadrante di mondo. E la frase, probabilmente involontaria, del ministro, non può che essere messa in relazione con il famoso T.I.N.A. (There is no alternative) di thatcheriana memoria.

La società va dissolta, i conflitti annullati. Con le diverse sfumature e i violenti cambiamenti assunti nel corso degli ultimi decenni, questi rimangono i binari di fondo sui quali stiamo correndo. A ritmi sincopati e ora potentemente in impennata, con un repertorio che attinge a tutti gli strumenti, nuovi e vecchi, della lotta di classe (a trazione, ça va sans dire, dall’alto).

Syriza si sfalda in guerre interne e personalismi, stritolata entro moduli di agibilità ridotti al lumicino e non mettibili in discussione. Diremo un’ovvietà, ma nel mondo d’oggi (e da parecchio ormai..) la presa del governo non equivale alla presa del potere. Che è ramificato, sociale, diffuso e al contempo articolato su differenti scale geografiche. La metamorfosi di una forma politica, sia essa un partito “tradizionale” o un governo, è certo teoricamente possibile, ma cosa rara e e richiedente azzardi e salti. Alcune forme hanno confini superabili, altre probabilmente no.

Gli scenari sono ovviamente aperti e in movimento, ma per chi un’“alternativa” se la vuole porre davvero (e non limitarsi a governare diversamente l’esistente), i percorsi tracciati da altri e inaggirabili entro cui si sta muovendo Syriza han qualcosa da dire su tali forme e molto oltre di esse. Certo, qualcuno potrà dire, se le elezioni in Spagna fossero state adesso, se in altri paesi…anche qui saremo banali, ma la storia non si fa coi se e coi ma.

Nelle strade di Atene, comune di 650mila abitanti e polo attrattore di un’ampia conurbazione urbana che raggiunge i 4milioni di abitanti (più di un terzo dell’intera Grecia), sono tornate nelle strade anche altre forme politiche con scioperi e scontri. Questo Stato, delle dimensioni della Lombardia ma con un peso specifico molto differente, è stato dunque ieri riattraversato anche da istanze che da tempo parevano sopite.

Come sempre, al di là di chi fa il tifo da fuori campo, vale la pena lo sforzo di una analisi che non si limiti alla discussione sui gesti e gli eventi, ma si fissi sui processi e le possibilità. Ipotesi dirompenti e adeguate a sostenere il livello dello scontro, lì come qui, devono ancora fiorire. Ragionare su insufficienze e limiti per aggirarli, eccederli, sfondarli, diviene sempre più necessario.

Ma anche su questo è importante essere chiari: per chi si ponga nella pratica quotidiana e nell’orizzonte di un rovesciamento dei rapporti di forza effettivi nella “società”, nei territori, verso la cesura di un tempo storico (e non è assolutamente detto, tutt’altro, che questa sia la prospettiva di molti), essere più realisti del re nella difesa di Tsipras, criticarne i limiti di stratega, o esaltarsi per una fiammata, è noiosa perdita di tempo. Questi approcci si possono pure lasciare agli opinionisti.

Come rendere i piedi per terra delle lotte non fugaci apparizioni ma durature processualità di contropotere, sottrarre risorse per le lotte alle controparti, costruire percorsi di autonomia, esperimenti, allusioni concrete ad altre forme di vita… questi sono i temi, queste le domande che ci riguardano e che dovremo porci, e che a partire dall’analisi di quanto successo in queste settimane, con lo sguardo sempre rivolto ai processi di trasformazione oltre lo Stato e le dimensioni classiche della sovranità, dovremo approfondire affinchè ci servano da aiuto nell’azione quotidiana sui nostri territori.

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