L’impossibilità della Sinistra e un No senza interpreti
La sfida di Syriza sembra giunta al capolinea con l’approvazione nel bel mezzo della notte del piano di tagli da 12 mld da presentare ai creditori. L’affondo condotto tra rigidità, offerte e consultazione referendaria, ha saputo articolare una forza per farsi riconoscere come soggetto trattante non per rompere con i creditori. Esauriti i margini di contrattazione, strappati ai creditori anche con l’uso del consenso referendario, vanno aggiornate le condizioni necessarie per metterli nuovamente in difficoltà. Non sarà Syriza che avrà la forza di soddisfare queste nuove condizioni tutte da ricercare e costruire. La sua performatività politica sembra soffocare stretta tra la frammentazione interna e una rinnovata indisponibilità da parte del popolo greco a subire le nuove imposizioni dei memoranda a venire. Un tentativo si esaurisce sancendo l’impossibilità di una Sinistra restauratrice di un senso più equo di questa Europa e del capitalismo.
Sotto un profilo strettamente politico non c’è tradimento del referendum di domenica perché non è stato tradito l’uso politico volutone dal governo greco. Ma avere contestato le condizioni del ricatto non è equivalso a ribaltarle. Il reale campo di possibilità degli attori in gioco contiene e sopprime la parabola di Syriza entro questa antinomia. Gli accordi sulla restituzione del debito vengono contrattati da Tsipras in riferimento al principio di una sorta di piano umanitario che avanza ipotesi di “ripartizione degli oneri” tra i ceti più abbienti. Dall’altra parte del tavolo solo la necessità di incrementare l’integrazione nel mercato del paese ellenico. Nello spazio di confronto tra queste due opzioni rinveniamo la dimensione attuale del riformismo come scontro sull’irriformabilità del sistema del debito e l’impossibilità di un’idea di Sinistra integrabile entro il quadro continentale. Fatti pesanti come l’innalzamento delle pensioni e la coatta riduzione dell’avanzo primario stanno ancora a testimoniare, senza fraintendimenti di sorta, da che parte penda la bilancia assoluta dei rapporti di forza. Tsipras, alla guida di una macchina statale, ha disperato bisogno di liquidità: la Grecia, questa Grecia, ha bisogno dei creditori. Su questo scoglio s’infrange un riformismo impossibile da applicare.
Quali vie si aprono su questo ricatto ancor più violento? Il diritto dei creditori non lascia spazio ad altre ipotesi che non siano di secco impoverimento. Anche l’intransigenza dei massimalisti à la KKE o dei tifosi nostrani della rottura della gabbia europea, oltre a soffrire di un’alternatività imposta dal punto di vista del nemico secondo la dialettica Europa vs. Stato Nazione, mostra il fiato corto della condanna all’impoverimento nel ritorno alla dracma e in un rientro in impossibili economie protette. Nello stesso consenso all’OXI di domenica c’è un rigetto di questa dimensione del sacrificio come ulteriore negazione dell’accesso al consumo.
Allora, partita chiusa? Tutt’altro: il tema non è dentro o fuori l’Europa quanto piuttosto la traduzione politica del No al nuovo memorandum. Quale uso del No dopo e oltre Syriza? Il consenso all’OXI per le passioni e lo slancio che ha attivato, supera di molto la mission Tsipras nella sua trattativa con i creditori. Il voto di domenica ha innanzitutto ri-polarizzato la società greca, paralizzata dall’austerity. Del No una grossa fetta di proletariato greco ha fatto un uso di classe per scagliarsi contro il Sì dei ricchi, dei grossi armatori, degli speculatori e degli ascari della Troika. In questo rivolgimento interno alla società, l’ipotesi Syriza resta stritolata dall’esaurirsi delle possibilità del suo uso del referendum. Questo infatti semplicemente non collima con l’uso che del No ne ha fatto chi si è recato alle urne per esprimere la volontà a non voler subire ancora. In questione non è dunque il tradimento di un mandato, ma occorre raccogliere e interpretare quel No all’austerity prodottosi domenica e che ha già incontrato un primo punto di arresto. Questo però non riguarda più il tentativo di Syriza…
Davanti c’è un campo minato. Un nuovo genere di scontro si profila riarticolando ancora la bassa intensità della guerra sociale condotta dalla Troika attraverso l’austerità. Come su un terreno di nuova politicizzazione sociale – favorito anche dallo scontro innescatosi sul livello della trattativa a livelli alti – si possono produrre nuovi avanzamenti soggettivi, collettivi e organizzativi che facciano maturare la capacità di reggere un’istanza politica sulla contrapposizione al ricatto dell’impoverimento? Sono in gioco le lotte e la loro ripresa, ma non solo. È il nodo del politico in riferimento a una forza di classe, ai conflitti e alle lotte che resta inevaso. Per i movimenti affrontare questa guerra senza soccombere significherà attrezzarsi per una transizione aperta in cui innanzitutto sarà determinante sfuggire ai termini della guerra imposti avanzando ipotesi costituenti oltre la forma Stato e il suo governo, contro il comando del debito.
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