Piazze e politica (In mezzo, l’astensione al voto)
Mentre infuriava la campagna elettorale i media hanno sostenuto il rinnovato ruolo delle piazze nel dibattito politico. Questo presupposto ha portato ad allestire una rappresentazione propagandistica della politica che però ha finito col sancire ancora una volta la separazione tra istituzioni e territorio, tra rappresentati e non rappresentabili, tra garantiti e non garantiti. L’astensionismo di domenica (comunque il risultato percentuale maggiore) ha confermato questa frattura che è vissuta sempre più come contrapposizione tra istituzioni e società reale.
La competizione politica si è misurata tra attori che recitavano per un loro pubblico, con le televisioni che riprendevano lo spettacolo della piazza e la piazza che riproponeva i format dei media mainstream. Si è cercato di far apparire concreta la mobilitazione utilizzando un modello televisivo di recitazione spettacolare riportato nelle piazze con singoli atomizzati a far da spettatori applaudenti .
Un rapporto costruito artificialmente dove addirittura il comiziante interloquiva con un singolo presente per proporre le sue risposte a specifici bisogni di massa. Ma la spettacolarizzazione del rapporto tra politico e spettatori non è espressione di un radicamento sociale della politica, anzi ha evidenziato la separatezza e la frattura che esiste oggi tra società e sistema istituzionale. Tutti i comizi si sono uniformati in un rapporto artificiale e nella sostanza si è vista una mobilitazione minoritaria a sorreggere grandi menzogne, dimostrando così che la politica oggi può solo promettere ciò che non farà e attuerà ciò che non può assolutamente dire. Sistema politico e sistema mediatico si sorreggono a vicenda producendo un grande complesso di falsificazione. Realtà e rappresentanza sono separate e contrapposte.
Questa frattura tra i problemi generati dalla crisi e le soluzioni proposte dalla politica istituzionale si è di nuovo evidenziata a Torino: una protesta dei lavoratori ha bloccato il Centro Agro Alimentare – che fornisce frutta e verdura in tutta la città e provincia – per denunciare il licenziamento di cinque lavoratori e per opporsi allo sfruttamento imposto, con pesanti forme di caporalato, dalle Cooperative che gestiscono il sistema distributivo all’ingrosso.
La risposta delle istituzioni alla protesta è stata dura e immediata. Nessuna trattativa con l’organizzazione sindacale che rappresenta i lavoratori e l’immediato invio di uno spropositato numero di agenti di polizia che dopo alcune ore ha caricato i blocchi a più riprese. Solo quando le autorità si sono rese conto che non si poteva disperdere la protesta con i manganelli hanno convenuto all’apertura di un tavolo di trattativa.
Al Caat come a Prato, dove lo scorso inverno sono bruciati vivi alcuni lavoratori cinesi, la maggioranza dei facchini sono immigrati sottoposti a condizioni di ricatto e di precarietà estreme, senza diritti e costretti ad accettare condizioni di orario e di lavoro pesantissime. Le cooperative impongono le loro condizioni con il ricatto e la minaccia.
La menzogna sta nei comizi che nutrono la falsa speranza nel ricreare il lavoro, in Renzi che elargendo le briciole, i famosi 80 euro in più in busta paga, alimenta una falsa speranza di ripresa economica mentre il governo, che ha come ministro del lavoro Poletti già capo dell’associazione delle cooperative, legittima l’uso della forza pubblica contro lavoratori precari solo perché hanno osato rivendicare il rispetto dei loro diritti opponendosi a licenziamenti punitivi.
Se dai palchi Renzi invita a sciacquarsi la bocca prima di pronunciare il nome di Berlinguer – politico della prima repubblica che a noi non sta affatto simpatico se non altro perché teorizzò la politica dei sacrifici – va ricordato che quest’ultimo si scomodò e andò davanti ai cancelli della Fiat per esprimere solidarietà agli operai in lotta mentre il giovine Renzi, avendo ben altro da fare, manda i questurini a manganellare i lavoratori immigrati che perdono il posto di lavoro. Che si tratti sempre della nuova velocità del PD innovatore?
Per il potere e per i media ci sono piazze dei garantiti che devono essere mostrate, sono quelle di plastica imbellettate con slogan inventati dai pubblicitari pieni di speranze, riprese, elargizioni varie rimandate a un domani che, per i più, non si avvereranno mai.
Piazze in cui noi non ci possiamo proprio stare.
E poi ci sono altre piazze, altri territori quelle della maggioranza non garantita che vengono nascoste e che non vengono mai considerate: piazze, strade, dove vive, pena e qualche volta lotta, la gente comune. Territori da cui stanno ben alla larga i frequentatori delle istituzioni, siano essi politici o sindacalisti di CGIL, Cisl, Uil e Fiom
Questi sono i territori e le situazioni sociali in cui noi dobbiamo e vogliamo stare sempre di più e sempre più assiduamente, con proposte e comportamenti veri e coerenti.
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