Il reviSionismo di Netanyahu
Che Netanyahu sia un criminale senza precedenti ce lo testimoniano le sue continue azioni e non è una novità. Non rappresentano un’esclusiva neanche le sue ultime dichiarazioni riguardanti l’olocausto, poichè nella mente di un assassino lucido e reiterato come “Bibi”, tutto può essere lecito e difficilmente personaggi del suo calibro riescono a dimostrare il contrario di quello che sono. Le dichiarazioni del premier israeliano stanno ora bucando i media mainstream e ci parlano di uno sterminio chiamato “espulsione”, almeno nelle intenzioni. Quello che salta all’occhio è certamente il tentativo revisionista della storia e ancor più interessante è il motivo che spinge a rifolmularla e a negarla, modificandone gli aspetti reali. Dire che quello messo in atto da Hitler, lo sterminio di milioni di ebrei, sia stato un fatto storico non voluto, equivale a negare la storia per quella che è stata. Ed è evidente che Netanyahu abbia in testa una storia tutta sua, che fuorvia dai fatti reali che sono avvenuti. La stessa portata simbolica con cui il premier israeliano carica gli eventi storici (negati) è testimone di un ragionamento rivoltante che mette in evidenza come il primo ministro stesso non ha probabilmente capito la portata reale di quello che è stato l’olocausto, beffandosi di tutti i reduci che invece hanno vissuto quell’orribile tragedia sulla propria pelle.
Ma c’è di più: l’aspetto più interessante è forse il tentativo di attribuire la responsabilità dello sterminio degli ebrei al Muftì di Gerusalemme. Senza rischiare di passare per difensori dell’autorità preposta al controllo dei luoghi sacri islamici nel periodo del Mandato, bisogna ribadire con chiarezza che, al netto delle sue posizioni anti-ebraiche, il Gran Muftì non può essere considerato responsabile di massacri che non ha compiuto e che non aveva il potere di compiere (nonostante i suoi pii desideri). Soprattutto, non si può pensare di schiacciare il sentire dei/le palestinesi tra le due guerre sulle posizioni del Muftì, che anzi, a quanto pare, fu osteggiato da gran parte della società palestinese dell’epoca.
Quello all’opera nelle parole di Netanyahu è uno strano, contraddittorio in termini, connubio tra il peggiore negazionismo e il sionismo più estremista. Una rilettura della storia cucita a misura per addossare la responsabilità dello sterminio degli ebrei d’Europa al popolo palestinese, per trovare un motivo in più per accanirsi su di loro e garantirgli una vita dannata (ed intanto legittimare un’espansione che non di rado sembra richiamare concetti di “spazio vitale” ammantato di sacro). Che Netanyahu possa arrivare a questi livelli non stupisce più, certo è invece che le sue parole attestano un lerciume che endemicamente fuoriesce da pezzi sempre più consistenti della società israeliana. Perchè aldilà di tutte le disquisizioni sulla liceità o meno della revisione storica che Netanyahu opera nelle sue dichiarazioni, nelle sue parole si esprime un sentire ben diffuso e radicato in tanta parte della società israeliana più estremista e razzista verso gli arabi. In fondo se Netanyahu esprime quanto riportato dai media di tutto il mondo, è perché non solo pensa realmente quello che dice (e il lapsus rivelerebbe in ciò qualcosa che sta nel suo retroterra ideologico) ma, ben più gravido di conseguenze, dice quello che sa essere condiviso da larga parte del suo elettorato. Queste sparate, come ci insegnano alle nostre latitudini le quotidiane provocazioni di un Salvini o una Le Pen, non sono accidentali esternazioni di politici noti per la loro rozzezza quanto calcolate uscite per raccattare consensi nella pancia più bassa e rancorosa della società. Rispondono più a una scienza che a una istintualità senza freni.
Del resto, come riportava già diversi anni fa l’intelletuale ebreo israeliano Warschawski in un suo libro tremendo quanto premonitore (“A precipizio. La crisi della società israeliana”) su un muro israeliano (o forse più di uno) era già allora comparsa la scritta “Olocausto per gli arabi”.
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