“Operation Protective Edge”: che l’orrore continui
Si può trovare sui siti dell’Idf (Israel Defense Forces) il video che presenta l’ennesima operazione di guerra -“Operation Protective Edge”- a danni della popolazione di Gaza da parte del governo sionista.
Il video si apre con un’immagine di repertorio dell’operazione “Pillar of Defense” in cui si dice come nel 2012, in risposta al lancio di razzi dalla Striscia di Gaza, diversi avamposti di Hamas furono distrutti. Da quell’operazione, dicono, Hamas ha continuato ad accrescere il suo potenziale offensivo di artiglieria e missili, producendoli principalmente a Gaza con componenti importati dall’ Iran. Ora, affermano, ne possiedono circa 10.000, tutti pronti all’uso. Poi inizia una disamina più tecnico/balistica, con la differenziazione dei missili in base al peso e alla gittata (vengono segnalate le città che potrebbero essere colpite).
Al termine del video si dice che 3,5 milioni di israeliani sono in pericolo (mostrano tutta la cartina colorata di rosso) e che quindi il 40% della popolazione è oggi un potenziale bersaglio. La finezza propagandistica è però inserita negli ultimi secondi, in cui le mappe di alcuni paesi occidentali (Usa, Argentina, Inghilterra e Francia) vengono visualizzate rosse per il 40% con la scritta: “immagina fosse il tuo paese”. Sostanzialmente è questa la tesi che Israele usa per giustificare, agli occhi dal mondo, l’ennesima barbarie contro la popolazione palestinese della Striscia. Nessun accenno agli 800 arrestati palestinesi dal 12 giugno scorso, le decine di morti, i centinaia di feriti, le case razziate e distrutte, la “caccia al palestinese” in corso in Cisgiordania da parte di coloni ed esercito.
E’ evidente come per i paesi occidentali sia sufficiente che Israele possa sbandierare una “giusta ragione” per tollerare, se non addirittura sostenere, gli orrori che continuamente compie. Ogni atto di guerra, per una qualche legge che non riconosce il valore dell’ingiustizia, si palesa infine come “affare privato” che, a prescindere dalla cronaca asettica e parziale, non viene analizzato e contestualizzato.
Per i media occidentali parlare dei morti palestinesi è quasi sempre una “questione delicata”, poiché denunciare gli efferati crimini che il governo israeliano quotidianamente compie significa attaccare un sistema di governance e interessi che coinvolge pressoché tutti i governi d’Europa e degli Stati Uniti.
Il sogno della coesistenza, quello coltivato dalle “anime buone” dell’occidente e dai molti ipocriti, pare infrangersi impietosamente un’altra volta contro uno schema mortifero di sopraffazione e non vede un punto di fine. Terminata l’ Operation Protective Edge ci sarà il coro unanime a dire che, dopo tutto il sangue (tanto e soprattutto palestinese), bisognerà rimettersi ad un tavolo per contrattare la pace, che però sappiamo impossibile poiché impostata sul diritto del governo israeliano a fare ciò che fa.
Come dice in una recente intervista Ilan Pappe, uno degli storici israeliani più conosciuto e discusso per le sue posizioni a sostegno del popolo palestinese all’interno della sinistra israeliana, il problema di fondo è l’infrastruttura ideologica dello stato ebraico e il suo progetto di annessione dei territori già sotto suo controllo militare. Fintanto che ad Israele sarà concessa la sostanziale impunità sotto l’ombrello del cosiddetto “processo di pace”, la violenza non terminerà.
Terminata la lunga notte di Gaza continuano i bombardamenti in tutta la Striscia ed è notizia di pochi minuti fa l’uccisione di due bambini nel bombardamento della casa della famiglia Kaware. Oramai le immagini dei morti si susseguono sul web, nessuna intenzione dell’esercito sionista ad interrompere le operazioni e si preparano infatti migliaia di riservisti e molti mezzi di terra per l’invasione.
Sostenere il popolo palestinese oggi significa denunciare i crimini commessi dal governo sionista e le complicità occidentali che le rendono possibili, boicottare tutto ciò che proviene da Israele e minare, per quanto possibile, la sua immagine propagandata. Non rassegnarsi ad una delle più palesi ingiustizie del mondo è Resistenza, a fianco del popolo palestinese che con immenso coraggio continua a lottare.
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