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Alluvioni tardo-berlusconiane (ad alta velocità)

Archiviato il week-end della paura (che si è lasciato alle spalle una decina di morti) i giornali di questo inizio settimana tornano in forza ad occuparsi di una crisi di governo più volte annunciata e altrettante respinta. Ma questa sarà molto probabilmente la volta buona. Berlusconi è sempre più solo. Una delle più perfette incarnazioni del suo modello antropologico (Gabriella Carlucci) s’appresta a trasmigrare sulle più sicure sponde (meno alluvionate e “a distanza di sicurezza” dal fiume in piena) dell’Udc. Anche Maroni sembra pronto ad apprestare il colpo finale al premier e togliere la diga di sbarramento ‘padano’ che sola gli ha permesso di reggere fino ad ora.

Ma prima di andarsene, il premier abitutato alle battute sagaci e all’umorismo spiccio non poteva risparmiarsi le ultime parole famose. Si va dall’ormai consolidato “la crisi non c’è: i ristoranti sono pieni e non si trova un posto sugli aerei” all’ultimissime osservazioni geologiche sulla necessità di NON costruire in prossimità di zone bagnate da mari e fiumi a rischio di piena. Verrebbe proprio da sbattergli in faccia la decennale politica di condoni edilizi, licenziati di mandato in mandato, o l’ultimissimo attacco selvaggio alle coste sarde coi piani di speculazione messo in atto dal suo (anche lui ex?) uomo in loco Ugo Cappellacci.

E’ vero che le cause dei disastri climatici e geologici che sempre di più colpiscono il pianeta tutto hanno ragioni ben più storiche, strutturali e di modello di sviluppo globale (“olocausti tardo-vittoriani” come ci ha insegnato Mike Davis). Certo però c’è stata una specifica declinazione berlusconiana nel rendere oltremodo distruttivo il consumo di territorio nel e del nostro paese.
Se il vecchio modello democristiano del laisser-faire dietro compensa ha gettato fin dal periodo del boom le premesse per la cementificazione del paese, il ventennio berlusconiano ha fatto qualcosa di più: non lo ha solo permesso, condonato, legittimato. Lo ha incentivato come modello culturale (e politico), la versione italica dell’american way of life e dell’ideologia dell’individualismo proprietario per cui ogni cosa che ci si può (economicamente) permettere è buona  e giusta. A misura di aspiranti ricchi un po’ meno sfigati della massa dei poveracci, la seconda casa al mare (o in montagna) o la prima casa di proprietà “costruita con le proprie mani”, è stato l’orizzonte di realizzazione di desideri, status, sicurezza economica familiare.
(Ambizioni e obiettivi che non si possono a priori giudicare come fa tanta sinistra moraleggiante à la Michele Serra, “indignato” per lo scempio paesaggistico delle Cinque Terre, dove lui e i soui amici certo però possono permettersi case o ville perfettamente integrate col territorio e l’ambiente circostante…  Ancora una volta la questione andrebbe posta a livello politico, di classe, di accesso alla ricchezza ed al sacrosanto diritto di tutt* alla felicità).

Ben oltre il Cavaliere, il modello di cementificazione massiccia resta comunque un dogma intoccabile per tutto il ceto politico nazionale se è vero che costruzioni, grandi opere e ristrutturazione urbana a colpi di escavatori, abbattimenti e nuove ricostruzioni (a Torino abbiamo avuto il bell’esempio del modello delle spine con cui l’ex-sindaco Chiamparino ha lautamente distribuito appalti in cambio di appoggi a un bel po’ di immobiliaristi) resta l’unica grande progettualità verso il futuro dei nostri governanti.
Esempio emblematico, ancora una volta, la vicenda Tav: un codicillo del nuovo decreto sviluppo (che forse non potrà essere operativo proprio perché il governo cadrà ma verrà certo ripreso dai nuovi governanti tecnici di transizione) prevede la libertà di scaricare, nei corsi d’acqua nei paraggi del cantiere (ancora da fare), il materiale di scavo (con tutto il correlato di materiali inquinanti.
Quando si parla di dissesto idro-geologico…

L’investimento in queste grandi opere e la speculazione edilizia selvaggia hanno poi come necessaria contropartita i tagli pesanti ai piccoli comuni, alle amministrazioni comunali che si vedono scippata la stessa possibilità di garantire al territorio ed ai suoi abitanti le condizioni minimali di servizio e assistenza.
Vale la pena sentire cosa hanno detto alcuni piccoli amministratori in queste ultime ore.

Sandro Plano (presidente – no tav – Comunità Montana valli Susa e Sangone):

Piove sulle facce di bronzo. La soppressione di piccoli Comuni e delle Comunità montane è una manovra di pura demagogia a risparmio zero. […] La casa brucia e si pensa a spostare la mobilia. In nome della presunta razionalizzazione, questi professionisti della politica, lautamente retribuiti, pontificano sulla necessità di tagliare assessori, consiglieri, presidenti degli enti montani, che costano zero, e lasciano inalterate le indennità di consiglieri e presidenti di circoscrizioni in città. Veramente questi la montagna la vedono con il cannocchiale o sui depliant turistici. Veramente pensano che l’assetto idrogeologico si possa garantire da una scrivania della metropoli. Piove, ……..!

Domenico Finiguerra, sindaco di Cassinetta di Lugagnano (MI):

Non avete nessun diritto di piangere! Voi che quando siete seduti sulle comode poltrone a Porta a Porta vi lanciate, l’uno contro l’altro le medesime ricette stantie: “Dobbiamo rilanciare le grandi opere, dobbiamo far ripartire l’edilizia, ci vuole un nuovo piano casa, forse anche un nuovo condono”.

Non avete nessun diritto di piangere! Voi che con il fazzoletto verde nel taschino avete chiesto il voto per difendere la pianura padana da invasioni di ogni genere e poi dagli assessorati comunali, provinciali e regionali avete vomitato sulle campagne padane la vostra porzione di metri cubi di cemento, insieme a tutti gli altri. […]

Non avete nessun diritto di piangere! Voi che, con l’arroganza di chi non ha argomenti, denigrate chiunque si opponga alla vostra furia predatoria di saccheggiatori del territorio. Voi che, con il risolino di chi è sicuro del potere che detiene, ridicolizzate tutti i giorni i comitati, gli ambientalisti, le associazioni, i cittadini, che mettono in guardia dai pericoli e dal dissesto idrogeologico creati dalle vostre previsioni edificatorie.

Non avete nessun diritto di piangere! Voi che siete la concausa delle catastrofi alluvionali, dovute alla sigillatura e all’impermeabilizzazione della terra operate dalle vostre espansioni urbanistiche, dai vostri centri commerciali, dai vostri svincoli autostradali. Voi che avete costruito il vostro consenso grazie alle grandi speculazioni edilizie, ai grandi eventi, alle grandi opere o anche alla sola promessa di realizzarle”.

Sante parole, un piccolo argine contro future e forse ancora peggiori alluvioni.

Maelzel

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